Caltanissetta, 19 giu. (AdnKronos) - "Mi convinsi a collaborare con gli inquirenti a causa del terrorismo psicologico che subivo in carcere a Pianosa. Tutto il terrorismo che mi hanno fatto, non solo mentale ma anche fisico. E' stato un cumulo di tante cose". Il falso pentito Vincenzo Scarantino, ascoltato al processo sul depistaggio sulla strage di via D'Amelio, spiega, nel corso del controesame, perché il 24 giugno del 1994 decise di collaborare con la magistratura. Negli anni successivi Scarantino, poi condannato per calunnia, ha ritrattato diverse volte le sue accuse. Proprio a causa delle sue accuse furono condannati diversi imputati al processo per la strage di via D'Amelio. Poi scagionati dopo la collaborazione di Gaspare Spatuzza.Rispondendo alle domande dell'avvocato Giuseppe Seminara, che difende i poliziotti Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, Scarantino, tra tanti "non ricordo" sta ripercorrendo la sua 'carriera' criminale fino all'arresto e poi alla collaborazione, due anni dopo la strage di via D'Amelio. Già nelle scorso udienza, Scarantino aveva detto, durante l'esame dei pm, di avere "gridato dal carcere la mia innocenza, ma non venivo creduto. Perché non si voleva cercare la verità". Alla sbarra, oltre a Mattei e Ribaudo, anche il dirigente di Polizia Mario Bo. Sono tutti accusati di calunnia aggravata dall'avere favorito Cosa nostra. I tre poliziotti facevano parte del gruppo investigativo "Falcone Borsellino", diretti da Arnaldo La Barbera.
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