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Roma, 23 gen. (Labitalia) - "In materia di farine, i mass media rappresentano una grande opportunità, ma possono essere anche un boomerang, se utilizzati nel modo sbagliato. Soprattutto davanti a un argomento delicato come l’alimentazione. Oggi hanno sempre maggiore influenza sulle scelte d’acquisto dei consumatori, che riconoscono le trasmissioni televisive come più autorevoli dei canali istituzionali". Questi i principali dati dell'indagine 'Gli italiani e le farine', una ricerca, condotta su un campione di 1.000 italiani, dall’Istituto di ricerca Doxa per Italmopa, Associazione Industriali Mugnai d’Italia, aderente a Confindustria e a Federalimentare.Per il 42% degli intervistati sono i programmi televisivi il canale tramite cui si informa per scegliere quali alimenti consumare. Un dato da non sottovalutare e che mette in evidenza, ulteriormente, la forza, ma soprattutto la responsabilità, che oggi i mezzi di comunicazione, in particolare televisivi, detengono di fronte a certi temi. “I risultati dell’indagine Doxa -commenta Ivano Vacondio, presidente Italmopa- nel complesso, sottolineano una problematicità che avevamo riscontrato da tempo: l’informazione non equilibrata e non corretta di alcuni mass media sta creando nel consumatore dubbi e, a volte, ingiustificati allarmismi. Emerge, infatti, una grande e preoccupante ignoranza sulla filiera farina"."E’ emblematico il fatto che ben il 55% degli intervistati associno la farina di frumento tenero alla pasta, che notoriamente è invece prodotta con le semole di frumento duro, e che il 65% ritenga che l’Italia importi una quantità rilevante di farina da altri Paesi, mentre le importazioni di farine costituiscono circa lo 0,2% del loro utilizzo totale", aggiunge. "Questo -sottolinea- è il risultato di presunti scoop mediatici con i quali dobbiamo confrontarci costantemente e che pone al centro il presunto, e spesso inesistente, scandalo piuttosto che l'autorevolezza delle fonti di informazione, la loro trasparenza e veridicità. Oggi, a titolo esemplificativo, si sottolineano con enfasi, biasimandole, le importazioni di frumento, tralasciando colpevolmente di evidenziare che tali importazioni, spesso particolarmente onerose, sono assolutamente, e purtroppo, indispensabili per ovviare al deficit quanti qualitativo della produzione nazionale". "Bisogna smetterla -avverte Vacondio- di demonizzare sempre e comunque le importazioni: un atteggiamento certamente dannoso per l’industria molitoria e l’intera filiera cerealicola ma, sopratutto, irrispettoso nei riguardi dei consumatori. Perché non evidenziare, invece, l'impareggiabile e straordinaria abilità dei nostri mugnai a individuare, selezionare, miscelare le varietà più pregiate di frumento, qualsiasi siano le loro origini, per produrre delle farine di altissima qualità destinate ai prodotti simboli del made in Italy agroalimentare. Una capacità che può essere considerata come una vera e propria arte, riconosciutaci e, forse, invidiataci, nel mondo intero”.Ciò che sembra preoccupare maggiormente i consumatori, e che riflette pienamente alcuni messaggi irresponsabili e fuorvianti veicolati da alcune Confederazioni agricole e, purtroppo, riportati e amplificati senza le opportune verifiche da alcuni mass media, sono i controlli effettuati proprio sulle importazioni. Il 63% del campione intervistato dalla Doxa, infatti, dichiara di non credere che il frumento importato offra le stesse garanzie di igiene e sicurezza alimentare del prodotto nazionale. Questo è un errore comune, si sottolinea, dovuto alla mancanza di una corretta informazione in materia: il frumento importato, infatti, rispetta pienamente, e non potrebbe essere diversamente, le disposizioni previste a livello comunitario, le più severe al mondo, a giusta tutela della salute dei consumatori, per quanto riguarda la presenza massima di contaminanti ed è sottoposto a sistematici e severi controlli effettuati dagli organi pubblici di vigilanza e dalle stesse aziende molitorie nell’ambito dei sistemi obbligatori di autocontrollo."In un momento come quello che stiamo vivendo -aggiunge Giorgio Donegani, tecnologo alimentare, esperto di nutrizione- nel quale domina un’informazione esasperata, caotica e spesso contraddittoria, è importante puntare su conoscenze solide e accreditate, che siano la base per la formazione di comportamenti di consumo consapevoli. L'informazione non coincide con l'educazione: la prima mira a dare strumenti di conoscenza, ed è imprescindibile presupposto per educare. L'educazione punta infatti a motivare e favorire l'applicazione delle conoscenze sul piano dei comportamenti pratici”. Uno dei principali e, a tratti, pericoloso, errore degli italiani emerso dall’indagine Doxa-Italmopa è relativo alla percezione del glutine. Il 47% degli intervistati, quasi 1 italiano su 2, è convinto che sarebbe bene eliminare o ridurre fortemente il consumo di prodotti contenenti glutine, anche per chi non è celiaco o intollerante al glutine. Nulla di più sbagliato".“Bisogna sfatare il mito del glutine -sottolinea la nutrizionista e divulgatrice scientifica Elisabetta Bernardi- in un settore, quello delle diete, in cui la testa conta quasi più dell’intestino, bisogna tenere bene a mente che, se non si è celiaci o se non si ha una comprovata sensibilità al glutine, non si ottiene alcun beneficio per la salute eliminandolo dalla propria dieta. Tantomeno si dimagrisce". "I cereali e le farine -precisa- che ne derivano costituiscono una fonte fondamentale di nutrienti sia nei Paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo. Sono fonte importante di energia, derivata soprattutto dai carboidrati, ma anche dalle proteine e apportano fibra, vitamina E, alcune vitamine del gruppo B, il magnesio e lo zinco". "Oggi siamo sempre più concentrati -rimarca- sul cibo e siamo sempre più bersagliati e attratti dalla comunicazione relativa al cibo: programmi televisivi che parlano di cibo, chef che diventano celebrità, alcuni stili alimentari errati che hanno una crescente popolarità. Il paradosso è qui: ci sono sempre più persone interessate al cibo ma in realtà ci stiamo sempre più allontanando da esso. La popolazione diventa sempre più obesa anche se siamo sempre più ossessionati dai grassi, dalle calorie e dall'indice di massa corporea”.





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