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Milano, 23 ago. (AdnKronos) - Schiavi per tre euro l'ora. I nuovi sfruttati non lavorano nei campi, ma nelle aule dei tribunali. E a pagare il compenso "illegittimo" è lo Stato. Ausiliari interpreti e traduttori giudiziari "guadagnano mediamente poco più di 4 euro lordi l'ora. Al netto delle tasse percepiscono, anche con anni di ritardo, circa 3 euro per 60 minuti di lavoro". La legge prevede che "la prestazione dell'ufficio di interprete e traduttore è obbligatoria". Ciò implica, in teoria, che un'eventuale rinuncia potrebbe far incorrere nel reato di 'rifiuto di uffici legalmente dovuti': la pena prevista dal codice penale è fino a sei mesi di carcere. Chiara Samperisi, avvocato specializzata in diritto civile, svela all'Adnkronos i contorni di una giustizia che non rispetta la legge. Il magistrato - come la polizia giudiziaria - può servirsi di ausiliari, interpreti e traduttori per l'assistenza in udienza e per le traduzioni degli atti giudiziari. "Il tariffario si ferma a 14,68 euro per la prima vacazione (composta di due ore) e 8,15 euro per le successive, con il risultato che mediamente questi professionisti sono pagati circa 4 euro lordi l'ora", spiega. "E' inaccettabile che in uno Stato di diritto, il lavoro venga retribuito circa 3 euro netti l'ora ed è ancor più ripugnante che tale ingiustizia venga perpetrata da chi la giustizia la proclama, la esercita e la difende". Non va meglio a chi riceve un compenso fisso o variabile, comunque "fuori mercato e in contrasto con i principi costituzionali in tema di tutela del lavoro ed equa retribuzione". Il prezzo dello sfruttamento viene giustificato in ragione della funzione pubblicistica del lavoro. Un ragionamento "che se fosse corretto, andrebbe applicato anche ad altre categorie professionali, nonché ai parlamentari. Ma così non è. O vale per tutti o c'è una palese violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione", sottolinea.




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