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2 ottobre 2019 - 16:33

Mafia: la rabbia di Antoci, 'basito da relazione Antimafia, non si gioca con la vita delle persone'

Palermo, 2 ott. (AdnKronos) - "Rimango basito di come una Commissione, che solo dopo tre anni si occupa di quanto mi è accaduto, possa arrivare addirittura a sminuire il lavoro certosino e meticoloso che per ben due anni la DDA di Messina e le Forze dell’Ordine hanno portato avanti senza sosta, ricostruendo gli accadimenti con tecniche avanzatissime in uso alla Polizia Scientifica di Roma e che oggi rappresentano per l’Italia un fiore all’occhiello". E' il commento di Giuseppe Antoci, l'ex Presidente del Parco dei Nebrodi, alla relazione della Commissione Antimafia all'Ars. "Tali tecniche sono state utilizzati inizialmente per ricostruire due attentati: quello di via d’Amelio e quello perpetrato contro di noi quella notte sui Nebrodi", dichiara Antoci. "Di tutto questo la Commissione non ha tenuto conto, al contrario, con mio grande rammarico, ha prestato il fianco, attraverso una relazione ove si evidenziano più tesi, al mascariamento e alla delegittimazione, utilizzando audizioni di soggetti che non citano mai le loro fonti bensì il sentito dire o esposti anonimi che la magistratura, dopo attenta valutazione e trattazione, ha dichiarato essere calunniosi"."Senza considerare – continua Antoci - che alcuni dei soggetti auditi hanno in corso procedimenti giudiziari sul piano generale, e in particolare per diffamazione sull’accaduto, o procedimenti passati, conclusi con la penale affermazione del reato di falso. Così scrivono i magistrati della DDA di Messina nel loro dispositivo: “un vero e proprio agguato, meticolosamente pianificato, organizzato ed attuato con tecniche di tipo “militare”. Appariva in dubbio che gli attentatori avessero agito non al fine di compiere un semplice atto intimidatorio e/o dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere”."Dalle carte di indagine viene fuori tutta l’intera ed agghiacciante vicenda che lascia sgomenti e smarriti: “I Killer del commando mafioso – scrivono i Magistrati della Procura – avevano ostruito le carreggiate con massi al fine di costringere l’autovettura a rallentare l’andatura; subito dopo avevano sparato all’indirizzo del mezzo blindato, attingendolo nella sua parte inferiore, nella immediata vicinanza della gomma posteriore sinistra, e ciò al probabile fine di bloccare la corsa del mezzo”. Ed ancora – “al contempo, la presenza delle bottiglie molotov induceva a ritenere come gli attentatori, una volta bloccata l’autovettura blindata, volessero incendiare quel mezzo e così costringere i suoi occupanti a scendere da esso, in modo che questi ultimi non potessero più beneficiare della protezione del veicolo blindato”. Ed il GIP scrive nel suo dispositivo finale: “….innegabile che tale gravissimo attentato era stato commesso con modalità tipicamente mafiose...'. '...con la complicità di ulteriori soggetti, che si erano occupati di monitorare tutti gli spostamenti dell’Antoci e di segnalarne la partenza dal Comune di Cesarò…'. '...un vero e proprio agguato meticolosamente pianificato e finalizzato non a compiere un semplice atto intimidatorio e/o dimostrativo, ma al deliberato scopo di uccidere…'".