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Politica
16 anni dopo la morte di Craxi pesa l'assenza di un partito socialista

16 anni dopo la triste scomparsa di Bettino Craxi (1934-2000), ad Hammamet, in Italia, la questione socialista resta una grande, e aperta, questione, politica, non giudiziaria nè tantomeno criminale. > Qualche mese fa, Luciano Violante- che, nei primi anni 90, fu tra i dirigenti del PDS più duri con il Psi e con il suo segretario- ha osservato : "Pensavamo di veder passare i cadaveri dei nostri avversari. Abbiamo, invece, visto passare i pezzi del nostro ordinamento costituzionale".

Si può e si deve cominciare a riflettere sul clima drammatico dei primi anni 90, sulla viltà di alcuni ex esponenti craxiani, passati dal codardo encomio al servo oltraggio del leader, che nel 1976, all'hotel Midas di Roma, venne eletto segretario al posto di Francesco De Martino. Fu Giacomo Mancini a proporre, per primo, il nome del deputato autonomista, battendosi per rinnovare il gruppo dirigente e per cambiare la linea politica del Psi, che con De Martino era stata troppo subalterna all'allora molto forte, politicamente ed elettoralmente, Pci di Enrico Berlinguer. E, forse, non è solo un caso che Bettino e Giacomo, in periodi diversi, furono 2 campioni dell'autonomia socialista, entrambi avversati dai "poteri forti" e vittime di lunghe e dolorose vicende giudiziarie, seppure con accuse diverse. Furono aspri i contrasti tra i due dirigenti, animati da intensa passione politica e con caratteri forti e spigolosi, ma non rinunciarono a manifestarsi, da lontano, solidarietà.

Ma, soprattutto, oggi, gli storici devono approfondire l'inizio dello sgretolamento del principio costituzionale della divisione dei poteri, con la subordinazione, soprattutto in quella fase cruciale, del potere legislativo a quello giudiziario.

Dopo la morte di Craxi e la scomparsa del centenario Psi, nel nostro Paese, manca una forza autenticamente democratica, riformista, garantista, che si batta a favore dell'autonomia della politica.  Come scrisse, 6 anni fa, l'allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, alla vedova di Craxi, donna Anna, il ricordo dello statista milanese e la sua morte, lontana dall'Italia, costituiscono "aspetti tragici della storia, politica e istituzionale, della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali".

Nè, a giudizio dell'ex Presidente, può venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità di Craxi, sanzionate per via giudiziaria, la "considerazione complessiva della sua figura di leader politico e di uomo di governo, impegnato nella guida dell'esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia, sul terreno delle relazioni internazionali".  Non si può non concordare, infine, con la saggia osservazione di Giorgio Napolitano : "l'Italia democratica non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere".

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