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Politica
25 aprile, conti col fascismo tutti da fare. Ora un nuovo pensiero socialista

Di Carlo Patrignani

Anche alla luce dei risultati elettorali in Francia, disastrosi per il Psf e in generale per 'la sinistra', quando e se si dice che in Italia e in Europa c’e' bisogno di un forte pensiero socialista e laico, non si dice una bestemmia: si rivendica l’esigenza di affermare i principi universali di uguaglianza e diversità fra tutti gli esseri umani.

Il punto focale è quale, socialismo, quale pensiero socialista e laico: non certamente la versione o meglio le tante versioni conosciute negli anni ’80 quando si raggiunse il massimo dell’espansione per poi, a partire dal 1989, da quell’evento straordinario che è stato il crollo del Muro di Berlino che sancì il fallimento del comunismo realizzato, iniziò la deriva, che non ha risparmiato il Psf, nel suo opposto, il neo liberismo.

Questa involuzione culturale ha coinvolto quel che restava ‘di sinistra’ nel panorama politico: un degrado inarrestabile fino all’esplosione di populismi più o meno marcati di razzismo e di disprezzo per la cultura della democrazia e della partecipazione, nonché di veri e propri rigurgiti di nazi-fascismo.

Si è affermata una cultura restauratrice di un mondo che sembrava superato tanto che i conti con il nazifascismo sono rimasti aperti e il 25 aprile Festa della Liberazione sta evaporando riportando nella società occidentale, sotto altre vesti, l’ideale disegnato dal filosofo cattolicissimo Martin Heidegger: la superiorità della razza ariana e magari oggi della bianca.

Fare i conti con il nazifascismo – si pensi ai ‘criminali di guerra’ (Pietro Badoglio, Rodolfo Graziani e altri) responsabili dei genocidi in Libia e in Etiopia nel ‘36, ai gerarchi, agli estensori del Manifesto della Razza, ai giudici che condannarono i partigiani al duro carcere fascista, ai collaborazionisti del Regime, mai processati per l’amnistia emanata dal governo di unità nazionale del ‘46 – vuol dire iniziare a lavorare per un nuovo pensiero socialista recuperando lo slancio del socialismo delle origini quando non lo si conosceva, quando c'era da costruire la nuova società, ossia l'emancipazione di qualcuno - contadini, operai, uomini e donne - da qualcun altro - la borghesia reazionaria.

E allora mettiamo assieme alcuni valori universali dai quali ripartire: 1) uguaglianza fra tutti gli esseri umani e non per un fatto politico (le pari opportunità) ma per il fatto sempre eluso che la nascita è uguale per tutti in ogni angolo del mondo e diversità tra gli individui; 2) distinzione tra bisogni e esigenze per cui i primi in quanto necessari per la sopravvivenza vanno tassativamente soddisfatti (una casa, un lavoro e un salario dignitosi, l’assistenza sanitaria, l’istruzione) e le seconde in quanto fondamentali per la realizzazione di ciascuno/a, vanno pienamente rese disponibili (l’accesso alla cultura e ai saperi; la qualità della vita; il tempo libero per se e per gli altri, etc); 3) libertà e giustizia, tenendo ben in chiaro che la libertà per esser tale deve obbligatoriamente esser legata all’identità e che la giustizia ha un senso se connessa a un’idea umana di essere umano; 4) laicità e netta separazione tra le Istituzioni al servizio dei cittadini e la Religione che è e deve restare un fatto personale.

Tralascio qualsiasi riferimento all’economia: la migliore teoria economica non può che discendere dall’idea di chi è e di come è fatto l’essere umano. Se in altri termini è una delle tante variabili (al pari delle merci, degli investimenti, delle tecnologie) economiche, o se è invece l’unica grandezza prioritaria da tutelare e valorizzare, variabile indipendente da tutte le altre. Un siffatto schema non è del tutto nuovo: le migliori menti socialiste e laiche ci hanno lasciato validissime tracce ancora attuali, dal disposta dell’art. 3 della Costituzione, al diritto alla formazione continua (le 150 ore) per cui “un operaio se vuole può e deve imparare a suonare il violino” fino alla “società più ricca perché diversamente” o alla società di “eguali e liberi”. 

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