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Politica
Altro che la sceneggiata sull’Unesco! Ma che combina Renzi con l’Iran?


Ci sono cose che il ceto politico (tranne rare e meritorie eccezioni) non comprende o sottovaluta: perché non spostano voti e non regalano comparsate televisive. Ma segnano in modo difficilmente reversibile il profilo di un paese, la sua credibilità internazionale, il suo spazio nello scacchiere geopolitico.

Il centrodestra italiano, ad esempio, è diventato un “paria” internazionale quando negli anni passati ha scelto - a corpo morto - una linea di isolamento rispetto al resto dell’Occidente, schiacciandosi su Putin (do you remember Southstream versus Nabucco?). E, da Forza Italia alla Lega, si prosegue nell’errore, con sempre nuovi (più o meno consapevoli) adepti. Berlusconi era giustamente partito da posizioni atlantiche (Washington-Londra-Gerusalemme) ed è finito su una linea Eni-Russia-Gheddafi. Sappiamo come si sia conclusa a suo tempo quella vicenda, piaccia o no.

La sensazione è che Matteo Renzi (allievo anche in questo?) sia in questi mesi protagonista di una parabola non dissimile. Anche lui era partito, mostrando coraggio, da posizioni indefettibilmente occidentali. E le reiterate dichiarazioni di amicizia verso Israele avevano rappresentato un fatto nuovo, positivo e dirompente a sinistra. Ora l’impressione è che il solito copione (Eni-Russia-Medio Oriente) stia prendendo il sopravvento.

Sulla Russia, se ne è avuto un esempio nello scorso weekend (e non è stata la prima volta), con l’opposizione di Renzi alla sola ipotesi di nuove sanzioni verso Putin, nonostante gli indicibili massacri in Siria, dove Putin, più che contrastare Isis, sta annientando i nemici del dittatore Assad (civili inclusi).

Per sovrammercato, Renzi aggiunge un tocco ulteriore di spregiudicatezza nel rapporto con l’Iran. Direte voi: il sillogismo tiene. Premessa maggiore: Obama ha fatto l’accordo nucleare con l’Iran. Premessa minore: Renzi segue Obama. Conclusione: Renzi cerca un posto in prima fila nel rapporto commerciale con Teheran.

Ma Renzi esagera, al di là dell’errore storico di Obama sul nucleare iraniano. E non è solo la gaffe delle statue velate in Campidoglio per non “turbare” Rouhani. C’è molto di più.

1.   Da mesi, non passa settimana senza che i media iraniani registrino dichiarazioni governative italiane di entusiastica volontà di incontro e amicizia.

2.   Da settimane, ci sono notizie di cooperazione militare tra Roma e Teheran. Ho presentato una documentata interrogazione in merito, alla quale il Governo – per ora – non risponde.

3.   In incontri a Roma, si è avviata perfino una collaborazione su “giustizia” e “diritti” (?!?) con il paese che è campione mondiale di pena di morte, segregazione delle donne, persecuzione degli omosessuali, repressione dei dissidenti politici.

4.   L’ineffabile Lorenzin avrebbe anche lanciato la possibilità di seminari e cooperazione anche sul fronte dell’infertilità (nel paese in cui le donne sono trattate come sappiamo).

Ora, politicamente siamo dinanzi a una grande ipocrisia. Nei giorni pari, Renzi dichiara amicizia con Israele. In quelli dispari, tresca con chi – come Teheran – dichiara di voler distruggere Gerusalemme.

La stessa vicenda del voto italiano in sede Unesco (un’ambigua astensione, di fatto una complicità nell’attacco a Israele) va riletta in questa ottica: Renzi tace in occasione del primo voto, tace ancora in occasione del secondo, e si “indigna” solo a cose fatte, quando il danno è irreparabile. Come se fosse ragionevole pensare che un’ambasciatrice abbia potuto fare tutto da sé.

Ma torniamo alla trama con l’Iran: economicamente, siamo dinanzi a un azzardo almeno altrettanto grande per le imprese italiane. E’ comprensibile che cerchino l’accesso a un grande mercato. Ma è assurdo (per non dire altro) incoraggiarle verso un paese che può finire da un momento all’altro in qualunque tipo di nuova “black-list”. Mi spiego: che succede se viene fuori (ad esempio da parte di una Corte non italiana) che i quattrini di un certo affare sono usati per finanziare il terrorismo? Chi mette “garanzie” contro questa eventualità? E non parlo solo della vergogna “politica”. Parlo proprio delle conseguenze “economiche” per le imprese eventualmente messe in mezzo.

Ecco perché occorre sostenere la giusta battaglia di Giulio Terzi, che anche in Italia cerca di animare l’attività di Uani (“United against nuclear Iran”). Oltre a sacrosanti motivi di principio, c’è anche un elemento di “caveat” economico che andrebbe rappresentato al mondo imprenditoriale italiano.

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