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Ascolto, rispetto e integrazione: in Italia manca una politica virtuosa
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Fede, speranza e carità. Ma le più grandi virtù (mancanti in Italia) sono l'ascolto, il rispetto e l'integrazione. Commento 

Duemila anni fa San Paolo affermava nella sua lettera ai Corinzi (1 Cor 13, 4-13): “Rimangono la fede, la speranza e la carità ma più grande di tutte è la carità”. Cosa rimane ai nostri tempi di questa importantissima dichiarazione? Forse, non è cambiato molto. Almeno per ciò che concerne il nostro Bel Paese, che sta attraversando una crisi da post-covid (e non solo), le frasi di San Paolo sono molto attuali. Non riusciamo a lasciarci indietro quella scia imboccata decenni fa dal sistema politico che, non solo non ci ha permesso di ridurre il gap con i nostri partner europei, ma ci ha fatto indietreggiare ancora di più. Vuoi che si parli di stipendi (indietro rispetto agli altri da trent’anni), vuoi che si parli di competenza politica (sorvoliamo?), vuoi che si parli di problemi acuti nel sociale, vuoi che si parli di giustizia, vuoi che si parli di economia e burocrazia, ecc.

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La lista potrebbe continuare ma credo che sia sufficiente per comprendere l’incredibile passo diverso rispetto ai nostri fratelli europei. Sembra che gli altri corrano verso il futuro, verso la migliorie delle proprie eccellenze, verso un mondo informatico e corrano con tanto desiderio ed animo. Noi italiani ,invece, sembriamo fermi su posizioni medioevali. La vecchia teoria del “importante che sto bene io, degli altri non mi importa”. Non è che il divario che abbiamo oggi con le altre potenze sia tutta colpa del sistema politico degli ultimi quarant’anni. Cioè, spieghiamo. La mancanza di statisti e visionari negli ultimi decenni, ci ha portato a dove siamo oggi: cittadini che rappresentano il popolo italiano senza professione o mestiere proprio, sistemi elettorali con scelte di collegi e circoscrizioni “farlocchi” e decisi dalle segreterie, troppi soldi senza verificarne competenze e si potrebbe continuare.

Ovvio, quindi, che se un Paese ha per decenni politici che non hanno mai avuto un'esperienza professionale nella società e sono cresciuti a “pane e politica”, si capisce perché gli altri corrono e modernizzano la propria nazione e noi no. Ma credo, che il più grande disastro compiuto dalla classe politica degli ultimi decenni è quello di aver aumentato le differenze sociali, lo scontro e l’ossessivo primeggiare tra i cittadini, la mancanza di legalità e giustizia.

Ricordiamoci che gli USA hanno iniziato ad essere una super potenza quando già ai primi del novecento hannolasciato liberi i cittadini di crescere professionalmente con i mestieri che desideravano perché avevano capito, a differenza nostra, che lasciando scegliere un mestiere ai propri cittadini e retribuirlo più che dignitosamente, quello stesso cittadino non solo diveniva esperto nel proprio settore, scelto con passione, ma si elevava mentalmente e spiritualmente per poter servire al meglio il Paese. Noi dobbiamo tornare a questo metodo perché prima di tornare a crescere necessitiamo di mettere le basi forti per i prossimi decenni. Ma di questi temi si potrebbe parlare per ore, invece a noi interessa quale possa essere il rimedio. Innanzitutto una classe politica vicina ai cittadini, eletta tra i cittadini “veri” che operano ogni giorno sul territorio con le loro professioni e la loro vita sociale.

Una politica di ascolto e rispetto, quella praticata da Moro e De Gasperi ad esempio, dove con l’avversario politico si trattava sui temi nazionali e si trovavano le migliori norme e decreti che potessero tutelare i cittadini, indipendentemente da quale parte politica provenisse quella idea se dalla maggioranza o dall’ opposizione. Infine, ma non ultimo, una classe politica che ridia fiducia ai cittadini e operi nel senso della Costituzione, ossia dignità di vita e lavoro per ciascun di essi. Allora, si evince che tra fede, speranza e carità le più importanti di tutte sono l’ascolto, il rispetto e l’ integrazione. Ascolto per poter capire bene l’altro; il rispetto per accettare l’altro senza giudicare; l’integrazione non solo di stranieri che fuggono dalla guerrama anche dei nostri cittadini.

Basti pensare ai giovani che fuggono all’ estero, cinquantenni esperti che non trovano posti di lavoro e le donne che abbiano finalmente il loro posto giusto nella società e considerate come componente essenziale per uno sviluppo serio del Paese e della nazione. Il concetto di integrazione, quindi, interessa milioni di cittadini italiani e allora credo sia giunta l’ora, finalmente, di integrare tutto il popolo italiano in un unico progetto che abbia una sola“mission”, unicamente direzionata e precisa, di modernizzazione, legalità e giustizia che da troppi decenni stiamo aspettando invano.

Commento a cura di Paolo Oddi per  "La Nuova Italia sociale, liberale e moderna"

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