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Politica
Berlusconi ultimo atto

Mussolini ultimo atto è un film di Carlo Lizzani del 1974 che descrive mirabilmente gli stati d’animo del Duce, presago della fine, in una Repubblica di Salò in disfacimento, con i gerarchi che tentavano di mettersi in salvo, abbandonando quello che, fino a pochi mesi prima, era stato il loro capo indiscusso.

Ben si adatta questo titolo a quello che sta accadendo in Forza Italia.

Berlusconi ultimo atto potrebbe essere infatti l’esemplificazione di quello che accade al fondatore del centro-destra moderno, se vogliamo post-fascista.

Ormai l’ascesa del nuovo leader, Matteo Salvini, ha messo nell’angolo il vecchio leone che si sta arroccando, proprio come il Duce del fascismo, in una ridotta valtellinese, rappresentata questa volta dalla difesa della scelta di non votare il candidato della maggioranza alla Presidenza della Rai, Marcello Foa.

Proprio come a Salò, uno dei suoi più fedeli collaboratori, Antonio Tajani, sta cercando di sfilargli il partito, visto che Berlusconi stesso era incline a trattare con Salvini sulle nomine Rai ed invece ha dovuto accettare i diktat del Presidente del Parlamento Europeo.

Tajani vuole prendersi Forza Italia e mantenerla nel solco europeista e liberale, ma questo significa la fine del partito stesso i cui parlamentari sono in caduta libera verso la Lega e Tajani rischia di ritrovarsi un partito suo, ma svuotato di consenso elettorale e soprattutto di deputati.

Lo stesso Salvini, contrariato dalla vicenda Rai, ha dichiarato poche ore fa: “Non fermo più chi vuole lasciare Forza Italia per la Lega”.

In questi giorni si sta modellando dunque un nuovo centro-destra che sarà a trazione completamente leghista con la scomparsa politica di Berlusconi e anche di Giorgia Meloni, che non ha voluto o non ha saputo trovare una collocazione convincente a Fratelli d’Italia e che subisce il medesimo fenomeno di perdita del consenso e di esodo di eletti.

È chiaro che alla fine del travaso di deputati e di voti resterà, come centro-destra, solo una “nuova Lega” o una “Lega delle Leghe”, come la si voglia chiamare. Un movimento nazionale (con forti agganci internazionali, vedi Le Pen e Putin) esplicitamente sovranista e anti-mondialista che si presenterà con una piccola minoranza liberale arroccata sulla flat tax. E questa conclusione non ha solo risvolti nazionali, ma ne avrà di mondiali, perché segna di fatto la creazione del primo polo sovranista in una nazione, l’Italia, che ha un grande peso in Europa e non per niente il Presidente Usa Donald Trump guarda con interesse il fenomeno in atto.

Un po’ il progetto fallito che aveva l’altro Matteo, cioè Renzi per il centro-sinistra e il Pd. E proprio dall’esperienza di Renzi che Salvini deve trarre insegnamento a non ripeterne gli errori, come ha previsto saggiamente Giancarlo Giorgetti imponendo ai deputati leghisti di tenere sulla scrivania una foto dell’ex Presidente del Consiglio toscano, come monito per il futuro.

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