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Politica
Chiesa, "Cattolici conservatori fate sentire la vostra voce". L'appello

Il dibattito politico italiano, dopo le elezioni del 4 marzo, è stato caratterizzato da una serrata polemica a favore o contro le iniziative del nuovo Governo giallo-verde. In realtà nella lunghissima campagna elettorale che ha preceduto e seguito l’appuntamento elettorale molti scontri verbali, e non solo, si erano già evidenziati. Tuttavia, in questa torrida estate, i toni si sono inevitabilmente accesi, grazie anche al clima balneare che contraddistingue la stagione.

Ebbene, pure il complesso e articolato mondo cattolico si è trovato coinvolto dentro la querelle sui grandi problemi del nostro tempo, riguardanti aspetti etici di straordinaria importanza per il bene comune: identità, comunità, Europa, immigrazione, eccetera.

Come si dovrebbe sapere, la Chiesa non si deve esprime direttamente sugli orientamenti politici dei fedeli. Valga per tutto quanto affermato nella Nota dottrinale del 2002, emanata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, in cui si dice appunto: “Non è compito della Chiesa formulare soluzioni concrete — e meno ancora soluzioni uniche — per questioni temporali che Dio ha lasciato al libero e responsabile giudizio di ciascuno”.

Questo significa che, fermo restando il valore assoluto dei principi morali (che la Chiesa dovrebbe invece ribadire incessantemente), è legittimo avere posizioni politiche non soltanto progressiste e liberali, ma anche conservatrici; e, all'inverso, è illegittimo che spuntino anatemi contro singoli politici, che peraltro non si dichiarano ostili alla Chiesa, magari soltanto perché non sono di sinistra o sono antipatici, come è avvenuto nel caso di Famiglia Cristiana verso Matteo Salvini.

È ovvio che quando organismi ecclesiastici assumono atteggiamenti pubblicamente partigiani, con i quali si fanno esecrazioni indirizzate politicamente a chi è conservatore, per il solo fatto che lo è, mentre si tace o si benedice chi è progressista, per il solo fatto che lo è, c’è qualcosa che non va: anche perché tutto ciò rappresenta una gravissima distorsione della comunicazione, arrecando nocumento alla superiore indipendenza religiosa del magistero ecclesiastico.

Ma, perfino tralasciando tutto questo, io mi chiedo perché i cattolici conservatori – e ce ne sono tanti, sebbene silenti – non intervengano in questo caso, reagendo direttamente e dicendo quello che pensano.

Tanto per cominciare, bisogna considerare che la prima esigenza che un cattolico dovrebbe sentire sempre è proprio mettere ordine nella propria società, privilegiando, in nome della sussidiarietà, il diretto impegno personale alla tutela della propria comunità nazionale, la pace e la sicurezza dei suoi concittadini, evitando accuratamente di cadere vittima di falsi idealismi che non hanno nulla a che vedere con il realismo e la concretezza della vita, e sono unicamente alibi per non impegnarsi nei relativi doveri. Un cattolico deve escludere appunto nella verità spirituale qualsiasi ideologia, ma soprattutto qualsiasi orientamento che somigli ad un’indebita trasformazione della fede in una secolarizzazione temporalistica, la quale oggi purtroppo assume spesso le vesti di uno pseudo progressismo filantropico opposto alla carità e alla misericordia cristiana.

Dio non è l’uomo, e l’uomo non è Dio. E soprattutto l’uomo non è l’umanità astratta, ma un insieme concreto di persone. La salvezza cristiana non proviene dalla collettivizzazione globale dei diritti e dalla distruzione delle identità comunitarie, ma dai doveri sociali di sacrificio di amore per il prossimo. L’uomo perfetto e globale è una visione neo-comunista, incompatibile con l’antropologia cattolica, basta sulla limitatezza della persona e sulla varietà dei talenti e delle condizioni sociali. Per un cattolico la persona è al centro, perché la salvezza viene da una Persona, Cristo, attraverso la Chiesa, e non dall’umanità collettiva. Inoltre, come spiegava San Pio X “la società, quale Dio l’ha stabilita, è composta di elementi ineguali” (Motu Proprio Fin dalla prima), dunque ordinabile soltanto nella differenza dei popoli.

Per di più, tutti i Padri della Chiesa e tutti i Dottori Scolastici hanno sempre riconosciuto la naturale socialità dell’uomo, e la traduzione di questo bisogno nella particolarità comunitaria in cui per storia e tradizione ognuno si trova a nascere, vivere ed esistere con la propria famiglia. San Tommaso d’Aquino, addirittura, fonda l’idea stessa di comunità politica nello Stato, come organismo sociale autosufficiente e particolare, massima estensione della persona, della famiglia e della città. Il vescovo Jacques-Benigne Bossuet, precettore del delfino di Francia, aggiungeva che “non è possibile amare l’umanità se non partendo dalla propria Patria”.

Allora, delle due l’una: o queste fonti autorevoli del pensiero conservatore non sono cattoliche, oppure c’è qualcosa di sbagliato nella politicizzazione culturale tutta di sinistra che consuma attualmente il mondo cattolico.

Nessuno dice che accogliere sia un male, anzi. Ma non si può spacciare come cattolica l’accoglienza trasformata in ideologia universalista, un indifferentismo che va a detrimento della singola patria, della singola tradizione culturale, e dell’autodifesa e autoconservazione locale della singola persona. Un cattolico responsabile, che ha doveri di famiglia e di proprietà, non lo accetterà mai, soprattutto se è legittimamente conservatore ed ama giustamente i propri beni, la propria nazione, la propria terra e la propria identità spirituale e materiale.

Giovanni Paolo II ha spiegato benissimo, durante tutto il suo lungo luminoso pontificato, che il Comunismo era un flagello soprattutto perché distruggeva o annegava le identità nazionali dei popoli nel potere di un sogno collettivo umanitarista. Oggi vogliamo invece spacciare per Magistero l’intento di sostituire le identità dei singoli Stati con una logica dell’accoglienza assoluta?

Benedetto XVI, parlando di Cristo, dice che la sua logica è la Verità, mentre quella di Pilato è il potere. Ebbene la verità è che il cattolicesimo non può diventare un’ideologia progressista, senza finire al seguito di Pilato. Semmai, per contro, la fede deve favorire la conservazione permanente dei valori e delle virtù immutabili determinate dell’uomo e della donna, presenti nel Vangelo, principi intesi e compresi con la cultura filosofica e giuridica che è propria di ciascuno.

Il mio appello è che i cattolici non di sinistra, invece di perdere tempo a criticare il Papa, facciano sentire la propria voce e facciano valere le loro posizioni conservatrici, dicano che non vi è nulla di male ad essere uomini fedeli alla Chiesa e appassionati servitori del proprio Stato, e dicano che vogliono proteggere e difendere la propria società, il proprio stile di vita, non accettando di disperdere quello che vi è di buono nel nostro modo di vivere, mutandolo in buonismo latitudinario e in una falsa ideologia collettivista ed egualitaria. Non è giusto, in definitiva, dialogare con gli atei e i non cristiani, non proteggendo invece chi cristiano è o cerca di essere, nei modi nazionali che caratterizzano l’appartenenza alla sua tradizione, avuta in eredità dal suo passato al fine di trasferirla incolume nel suo futuro.

 

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