Fondatore e direttore
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Cosa vuole veramente Carlo Calenda?

Di Giuseppe Vatinno
Cosa vuole veramente Carlo Calenda?
Carlo Calenda

 

Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico, è senza dubbio un tipo particolare sia per il suo curriculum sia per il suo agire politico, anche se è e si considera un tecnico.

Carlo Calenda è figlio del giornalista Fabio Calenda e della regista progressista Cristina Comencini, a sua volta figlia del regista Luigi Comencini, famoso per Le avventure di Pinocchio del 1972, nato a Salò e iscritto ai Guf (Gruppi universitari fascisti), vincitore anche di un Littoriale della cultura e dell’arte.

La sua carriera si svolge in aziende come la Ferrari e Sky, tanto per dare un’idea, prima di giungere in Confindustria come assistente del presidente.

L’incontro determinante è con Luca Cordero di Montezemolo in Ferrari e poi negli ambienti ovattati di via dell’Astronomia.

Nel 2013 diviene coordinatore politico di Italia Futura l’effimera creatura di Montezemolo e nel 2013 si candida con Scelta Civica di Mario Monti, ma non viene eletto e sempre nel 2013 viene nominato viceministro dello Sviluppo Economico da Enrico Letta, incarico confermato con Matteo Renzi al governo. Nel 2015 lascia l’ormai combusta Scelta Civica e migra al Partito Democratico, nel periodo di maggior splendore di Renzi che lo nomina ad inizio del 2016 “rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione Europea”, in un posto normalmente riservato ai diplomatici che infatti insorgono come solo loro sanno fare. Un paio di mesi di guerra tosta e Renzi cede promuovendolo però al ruolo di ministro dello Sviluppo Economico, funzione che conserva ancora.

Calenda ha un temperamento forte e ruvido, e questo piace al popolo, e all’inizio si è dovuto contenere.

Un po’ come Francesco Cossiga, Calenda è stato buono per metà mandato per poi cominciare ad esternare e a picconare seriamente proprio il suo mecenate Matteo Renzi, vittima quasi quotidiana dei suoi strali sia politici che istituzionali.

Un “renziano che sbaglia” lo potrebbe definire Massimo D’Alema, ma la domanda vera è: il figlio della Comencini è ancora renziano?

A leggere i suoi infuocati comunicati stampa si direbbe proprio di no.

Ma allora cosa vuole Carlo il Puro, come qualcuno potrebbe definirlo?

La cifra del suo agire politico sembra potersi individuare in una sorta di “populismo bianco”, cioè civile, che agogna una società ideale dove le aziende e le industrie sono il motore dello sviluppo e questo concordamene al suo credo capitalistico.

Tuttavia, da quando è iniziata la campagna elettorale, qualcuno gli deve aver detto che non ci sono solo i capitalisti e i capitani d’industria ma anche i poveri operai e quindi Carlo si è prontamente riconvertito, a mo’ di novello Tabacci, ad una sorta di marxismo industriale, fatto di grande interesse per i lavoratori e per le loro vicende, come il caso Embraco in cui è  giunto a definire la controparte industriale “gentaccia”, termine assolutamente inusitato, soprattutto se utilizzato da un ministro ex confindustriale.

Il marchese Fulvio Abbate lo definisce così: “Calenda? Uno spermatozoo d'oro dei Parioli che aspetta di prendere la leadership del centrosinistra" ed in questa suggestiva definizione biologica si vede la contraddizione che mostra tra il suo turbo - capitalismo e il suo attuale innamoramento (sospetto) per le tesi di Marx ed Engels.

Tra l’altro, proprio Calenda ha voluto in passato a suo fianco Carlo Stagnaro, “rottamatore” dell’articolo 18, fondatore dell’Istituto Bruno Leoni (ultra liberista), come capo segreteria tecnica del suo ministero e questo rende ancor più difficile credere alla sua riconversione.

Ma cosa vuole Carlo?

Prendendo spunto dai recenti litigi con la sindaca Virginia Raggi, alcuni pensano che voglia fare il sindaco di Roma, dopo tutto è un romano ambiziosissimo e questa carica potrebbe ringalluzzirlo alquanto. È una possibilità. Sicuramente si è messo molto in evidenza sulla Capitale e sui suoi problemi.

Ma probabilmente il vero obiettivo di Calenda, o meglio il principale, è quello di rifondare il centrosinistra, di presentarsi come il solito “uomo nuovo” capace di prendere in mano la guida del cocchio progressista e farlo volare nel più alto dei cieli, fino alle stelle di Palazzo Chigi, con lui, naturalmente, alla guida.

A dire il vero, questa tentazione ce l’hanno avuta un po’ tutti ed anche gente con numeri pesanti alle spalle come Sergio Cofferati, ma nessuno, tranne Renzi c’è riuscito.

Proprio il caso Embraco costituisce una sorta di pistola fumante delle intenzioni del ministro e il suo ragionamento potrebbe essere: Renzi non ce la fa, il Pd crolla ed io mi cucco il regno, seppur ridotto a contado.

Una ipotesi peregrina?

Chissà…

Ma in tempi di crisi, e questo è uno di quelli, la sinistra ha sempre prodotto profeti e redentori e questa volta potrebbe essere proprio la volta del buon Carlo di cui il nonno sarebbe sicuramente fiero, dimenticando Salò.

 

 

 

 

 

 

 

 

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