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Politica
Dal Mes al riformismo: il bilancio non salva né Governo né opposizione
Giorgia Meloni Elly Schlein

Dal Mes al Patto di Stabilità al riformismo: un primo bilancio del Governo e dell’opposizione che non salva nessuno

Meloni in questo primo anno ci ha stupito per motivi opposti fra loro. Da un lato, ha avuto successo quando si è contraddetta rispetto alle sue sparate pre-elettorali, parliamo del suo posizionamento internazionale nel quale non ha mai indugiato sulla scelta atlantica. Le istituzioni europee non le ha poi mai palesemente criticate, forse conscia del fatto che solo l’Europa potrà sostenere il ventre molle del nostro enorme debito che, finita la moratoria covid, torna a essere un fardello che ci riporterà in fondo alla classifica della crescita. Dall’altro lato, tornata in patria, Meloni si è arroccata con una scelta egoista sul no al Mes, sbriciolando in poche ore quella credibilità che si era guadagnata.

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Il Mes, infatti, é una opzione che ogni Stato liberamente può decidere di usare o meno, ma la condizione è che tutti devono ratificarlo e l’Italia è l’unico Paese a non averlo fatto. Quella del Governo Italiano è anche una scelta ingrata, dimenticando quanto l’Europa abbia aiutato l’Italia acquistando il suo debito nei momenti critici (tenendo basso lo spread sui titoli pubblici) e concedendole la gran parte delle risorse del PNRR. Non ultimo, il ko alla ratifica del Mes, dopo il via libera alle nuove regole del Patto di Stabilità, è sembrato un capriccio arrogante oltre a essere la dimostrazione di quanto al Governo interessi di più il consenso dei suoi tifosi che il profilo istituzionale che guardi agli interessi dello Stato. Tutto è opportunismo, di postura e di parole.

Sulle regole del nuovo Patto di Stabilità, infatti, basta leggere la fiumana di messaggi e commenti politici da entrambi gli schieramenti dove si è detto tutto e il contrario di tutto. La verità è molto semplice: le nuove regole sono state l’unico compromesso possibile, c’è qualche sconto fino alle prossime elezioni ma i numeri a cui i singoli stati dovranno far fronte sono rigorosi. Non so se sia più grave il trionfalismo di Meloni o le critiche di Schlein (che contraddicono anche l’equilibrato Gentiloni), non parliamo di Conte che, dopo essere stato fra i peggiori presidenti del Consiglio, si sta aggiudicando a mani bassi anche il premio di peggior opposizione (fantastico il suo ko al Mes che lui stesso aveva accordato come capo del Governo). Hanno perso tutti la faccia, l’unica cosa certa è che nessuno si sta preoccupando di rappresentare un orizzonte credibile di riforme, sia il Governo con provvedimenti transitori, sia l’opposizione che avanza solo principi senza alcun piano di realizzazione.

Un ambito del successo meloniano, ovvero l’aver gestito il bilancio dello Stato in modo abbastanza prudente sui saldi, si è poi subito arenato sulle possibili svolte riformatrici. È vero che Meloni ha tenuto per ora i conti sotto controllo, ma sui contenuti siamo all’anno zero. L’abolizione del reddito di cittadinanza e del superbonus non possono essere colpi di accetta senza una politica sociale seria e programmata. Anche sulla crescita siamo all’anno zero, dopo l’estensione della flat tax per i liberi professionisti e la conferma della minima riduzione delle tasse per i redditi bassi (ma solo per un altro anno), non una briciola è stata prevista per le imprese. Che fine hanno fatto i liberali del centro destra? Perché non chiedere a Elon Musk, idolatrato a Atreju, della sua reticenza a investire in Italia? Perché non aiutare le nostre eccellenti piccole e medie imprese a diventare più grandi, più votate alle esportazioni, più capitalizzate, più innovative? Solo chi è in malafede non vede i risultati che ha portato Industria 4.0.

Non apriamo poi il capitolo della scuola dove anche qui prevalgono le parole in libertà, come nella recente proposta di legge di Fratelli d’Italia che stabilisce che è vietato impedire iniziative di studenti, genitori e organi scolastici per proseguire attività legate alle celebrazioni del Natale della Pasqua; dando così un colpo d’accetta sia all’autonomia scolastica che allo Stato laico. Qualche luce e tante ombre dove a farne le spese saranno ancora una volta i giovani di oggi che non hanno nessun buon motivo per immaginare un futuro in Italia. E Schlein cosa fa? Insegue Conte nelle fughe in avanti populiste, si barcamena fra la CGIL e la sua sinistra, vede nel centro il fumo negli occhi, sa solo parlare di spesa e mai di sprechi, di licenziamenti e mai di opportunità, di diritti e mai di doveri, di precarietà e mai di produttività.

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