Politica
Diciotti, Salvini nel pantano della democrazia giudiziaria

Nulla è più di pertinenza della politica a decidere sui confini, su dove stabilirli, e su chi fare entrare e chi no, nel territorio di propria competenza
Matteo Salvini, con cortesia e fermezza, deve respingere la proposta del grillino Alessandro Di Battista, ex deputato scrittore della Mondadori di Marina Berlusconi, di obbedir, tacendo, come un Renzi e un Martina qualunque, alla richiesta al Senato, inoltrata dai tre giudici della sezione catanese dei tribunali dei ministri, di "Magistratura democratica", che intendono portare alla sbarra il ministro per il presunto reato di "sequestro di persona", in relazione alla "vexata quaestio" della nave "U.Diciotti".
Come ha scritto, ieri, sul "Corriere della Sera", il prof.Angelo Panebianco, "si tratta di una tipica intrusione, da democrazia giudiziaria, tesa a negare la discrezionalità della politica, in un ambito in cui tale discrezionalità non dovrebbe essere in discussione. Nulla, infatti, è più politico, nulla è più di pertinenza della politica, nella sua autonomia, del diritto di chi governa, in forza di un mandato popolare, a decidere sui confini, su dove stabilirli, e su chi fare entrare e chi no, nel territorio di propria competenza. In questa vicenda, è la questione dei confini e di chi controlla a essere in discussione".
Sull'autonomia della politica e sull'immunità parlamentare pronunciò, nel 1982, un importante discorso Nilde Iotti (1920-1999), Presidente della Camera dal 1979 al 1992, tra le 21 donne presenti all'Assemblea Costituente, compagna del segretario del PCI, Palmiro Togliatti (1893-1964).
"Il privileggio -disse la Iotti-è la somma dei diritti, di cui dispone ciascun parlamentare, per essere in condizione di esercitare la proprie funzioni". Secondo la allora Presidente di Montecitorio, "è cruciale l'esigenza di salvaguardare la libera espressione delle opinioni e dei voti, nell'esercizio delle proprie funzioni". E aggiunse: "Le garanzie tendono a tutelarne l'indipendenza, l'autonomia e l'integrità, essendo tale organo espressione del popolo".
La autorevole dirigente del PCI spiegò che i parlamentari e i membri del governo non sono cittadini come gli altri, parlò di "preminenza della responsabilità politica e rispetto della volontà popolare". E sottolineò che "questa straordinaria combinazione di misure trova fondamento nella necessità che il processo di decisione delle Camere si svolga, da un lato, in condizioni di assoluta e reale indipendenza, dall'altro nel ruolo centrale, che il Parlamento assume rispetto agli altri poteri dello Stato". Anche, pertanto, nei confronti dell'ordine giudiziario.
Questo discorso Nilde Iotti lo pronunciò nel 1982, 10 anni prima di Tangentopoli. Da allora, secondo Panebianco e altri autorevoli osservatori, si passò all'epoca della "democrazia giudiziaria". I sostenitori di tale concezione- da cui si è dissociato, nettamente, un altro ex Presidente della Camera, Luciano Violante, ex PCI, come Iotti- "non hanno nulla da eccepire se un Procuratore incrimina, per strage o per tentata strage, il Capo del governo del proprio Paese, il quale abbia ordinato azioni militari contro uno Stato nemico". E oggi, purtroppo, le garanzie liberali valgono soltanto per gli amici, la galera o il linciaggio morale per gli avversari...
pietro mancini