Dp: il ritorno di Togliatti al governo
Con i Democartici Progressisti i comunisti tornano a governare
Il nuovo pargolo ennesima scissione della scissione è nato: si chiama Dp e cioè “Articolo 1 -Movimento democratici e progressisti”, ammicca come sigle e come contenuti alla vecchia “Democrazia proletaria” e può contare (che i numeri sono ancora del tutto fondamentali in questa era fintamente qualitativa), attualmente, in 38 deputati alla Camera e in 12 senatori per un totale di 50 -numero tondo- parlamentari.
Il nuovo “movimento” -termine pare voluto da Dalema- è stato presentato dal nuovo trio, Enrico Rossi, Roberto Speranza e Arturo Scotto i primi due ex Pd e l’ultimo ex Sel in sostituzione di Michele Emiliano che dopo una finta e rimasto nel Pd.
Subito dopo la presentazione ufficiale si è corsi al pallottoliere, vero oracolo moderno dispensatore di speranze e tormenti e si è fatto qualche conto, naturalmente approssimativo ed approssimato che però può dare un’idea almeno come ordine di grandezza della nuova ed ennesima “cosa rossa” che come un’araba fenice risorge in genere con un periodo decennale.
E questo numero, appunto il 10 torna anche nei conti: si pensa infatti che la nuova formazione politica possa attestarsi al 9.3% (sondaggio Ipsos).
Se fosse così il peso sarebbe rilevante e vedremo sorgere un nuovo “mini - polo” che comunque sottrarrebbe risorse elettorali sia al Pd che alla neonata Sinistra Italiana.
E questo poiché in politica come in fisica l’energia si conserva.
Dp -sostiene Speranza- appoggerà il governo Gentiloni e non poteva essere così visto che Renzi tende ad abbatterlo il più presto possibile per correre al voto ed oltretutto hanno pure un rappresentante nel sottosegretario all'Interno Filippo Bubbico.
A questo punto il governo stesso si rafforza -almeno sulla carta- per cui con l’apporto dei nuovi Dp può contare su 178 deputati su 320 al Senato con una soglia a 161 e su 397 su 630 alla Camera con una soglia a 397.
Quindi, numeri alla mano, il governo può contare a 17 senatori sopra soglia al Senato e a 81 alla Camera; quindi, come al solito, l’instabilità può derivare proprio dal Senato e se il neonato Dp dovesse fare le bizze la soglia di sussistenza scenderebbe a soli 5 senatori.
Questi i crudi -ma sempre fondamentali- numeri.
Ma dal punto di vista politico?
Il nuovo movimento si propone, come da nome, richiamarsi al primo articolo della Costituzione e cioè che la Repubblica italiana è fondata sul lavoro.
Interessante notare il fatto che questa formulazione fu frutto di lunghi compromessi tar cattolici e comunisti e che tar le democrazie occidentali quella italiana è l’unica costituzione di tipo “socialista” con una affermazione così netta e perentoria sul concetto di lavoro.
È anche utile ricordare come Togliatti giocasse con un bambino Dalema nel suo grembo e lo considerasse già da piccolo un gran furbone.
Detto questo si può dire che la scissione è un autogoal per il Pd renziano o comunque una sconfitta se non riuscirà a ricostruire rapidamente il consenso migrato alla sua sinistra e che la cosa apre una prateria elettorale al Movimento Cinque Stelle e a Beppe Grillo.
Piccola opportunità anche per il centro - destra che adesso dovrebbe divenire il principale contendente di Grillo ma occorrerà prima mettere insieme le due sue anime, quella di Salvini sovranista e quella di Berlusconi liberista.