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Politica
Elezioni 2018 e il futuro per i partiti

All'alba delle elezioni siciliane proposi al mio partito, il Partito Democratico, una riflessione sulla necessità di sviluppare un lavoro che andasse oltre il semplice appuntamento elettorale per costruire una prospettiva lungimirante: mi pareva sensato guardare fino a dopo le elezioni europee. Consideravo il successo di Lorenzo Guerini nella gestione delle elezioni a Palermo e Padova come il punto di inizio per provare a colmare le lacune evidenziate nelle amministrative precedenti (Roma, Torino, Napoli, Bologna e Milano dove pure il centro destra conquistò cinque municipi su nove).

Di quella riflessione, che mi induceva a proporre un sistema di alleanze sulla base di un accordo unico per le elezioni in Sicilia, Lombardia e per il Parlamento, non si tenne conto nonostante diversi amici impegnati a sostenere il Governo Gentiloni ritennero che il mio punto di vista potesse essere praticato. Alcuni, a dire il vero, tennero aperta la porta fino all'ultimo a quella prospettiva; altri mi confermarono il tentativo trasversale di "chiudere" in quel senso. A Leoluca Orlando il merito di aver provato a dare rappresentanza politica all'esigenza dei comuni siciliani, piccoli e medi, di identificarsi in un lavoro di rete che potesse sostenere lo sforzo degli amministratori che intelligentemente cercano un orizzonte più ampio entro il quale far valere i punti di forza delle comunità, per rilanciare l'intero sviluppo siciliano. E non è un caso che la stessa domanda di valorizzazione delle autonomie viene affidata, poco dopo, anche a Giuliano Pisapia nel suo impegno mai venuto meno.

Partiva proprio da qui la mia riflessione che considerava prematura la candidatura del Rettore Micari, risorsa che personalmente non avrei sprecato in quella fase in cui il consolidamento di un processo, nato per le amministrative di Palermo, era ancora alle battute iniziali. Di acqua poi sotto i ponti ne è passata. Anche se il tempo trascorso sembra di gran lunga più ampio di quello che in realtà è. E questo dovrebbe indurre tutti a far proprio il valore dell'essere riflessivi secondo l'invito che, ormai settimane fa, il Sindaco di Milano Giuseppe Sala ha rivolto innanzitutto ai propri concittadini. In fondo un ragionamento simile lo ha proposto proprio venerdì il Coordinatore della Segreteria Dem che in un affollato dibattito in provincia di Lodi ha fatto suo l'invito di Napolitano a mantenere la memoria lunga come quella corta. Ha invitato i volontari del PD, la forza su cui poter contare negli ultimi quindici giorni di campagna elettorale, a farsi carico degli altri, a stare dentro le contraddizioni dei legami sociali provando a motivare quanto prodotto dall'insieme dei Ministri sul terreno della sicurezza, dello sviluppo e della coesione sociale. Per me, che ho vissuto quest'ultima stagione di governo, come la speranza di un rilancio dell'economia volto a creare promozione sociale per quanti hanno più pagato il peso della crisi, parole rincuoranti. Certo, non lo nascondo, avrei preferito più tempo prima delle elezioni.

Avrei sperato di poter gestire le tornate di bilancio di Regioni e Comuni in coerenza con la legge di bilancio dello Stato, proteggendole dalle inevitabili dinamiche di campagna elettorale. Certo avrei sperato di poter gestire le misure economiche di Gentiloni, Padoan e Minniti come derivanti da piattaforme condivise prima e dopo nel Paese secondo lo schema che oggi il Presidente di Confindustria Boccia propone per il futuro. Certo avrei sperato che il Ministro Calenda avesse più tempo per provare ad attuare qualche progetto pilota relativamente agli innovativi assetti societari proposti per le imprese nella dimensione glocal a cui tutti apparteniamo; che il Ministro Franceschini potesse passare alla fase di rilancio dell'autonomia degli operatori culturali privati dopo aver creato le condizioni di maggior flusso turistico; che il Ministro Del Rio trovasse forme innovative di co-finanziamento per tenere insieme il core business di RFI con il ruolo aziendale di motore di rigenerazione urbana.

Soprattutto avrei sperato di avere il tempo per approvare la legge sui partiti, frutto di un profondo lavoro di Guerini all'epoca Vice Segretario PD che condusse ad un avanzato accordo di mediazione parlamentare, purtroppo sino ad oggi sottovalutato. Ecco quando il Presidente della Banca d'Italia Visco sprona la classe dirigente italiana a non cullarsi sulle iniziative della BCE, per me significa esattamente questo: favorire un processo di responsabilizzazione di tutti, in grado di salvaguardare diritti e accompagnare lo sviluppo per mezzo di leadership "orizzontali". In questo senso io credo che Matteo Renzi, segretario del PD, ad oggi ancora la principale forza dentro il PSE, abbia il compito di usare questa campagna elettorale per preparare una trasformazione del partito. Dividere la società in noi e loro non mi ha mai convinta, soprattutto se è la politica a farlo.

Mi ha lasciata perplessa in fasi storiche d’Italia diverse quando leader politici hanno creato dicotomie su altri punti. E anche oggi farlo a proposito degli "haters" mi sembra un’exit strategy, per altro non coerente con quanto più volte affermato. Farsi carico degli altri è faticoso, significa qualcosa in più di accettare di farsi giudicare come per un politico inevitabilmente avviene: significa anteporre gli altri ai propri egoismi, significa non rassegnarsi ad essere percepiti come un partito auto conservativo.

E' difficile comprendere come la tecnologia cambia le relazioni sociali, ma lo è ancor di più se se ci si rincuora nella propria identità e non ci si dota di strumenti organizzativi capaci di costruire auto rappresentanza come la legge Guerini, Mazziotti e D'Alia prova a fare. In questo senso raccolgo le parole di Prodi di ieri, perché come lui stesso ha dimostrato in passato, non è tanto chi è il leader che qualifica, ma l'insieme di una squadra di governo che ai suoi tempi, in verità, poteva contare su partiti solidi per il quali il finanziamento pubblico era la garanzia di una democrazia forte perché tutti, indipendentemente dalla condizione economica, potevano concorrervi. La legge elettorale a mio avviso ha un unico merito: favorire l'innovazione dentro i partiti. Personalmente auspico che gli esperimenti organizzativi di Casini, Nencini e Della Vedova non facciano la fine della Lista Monti: le giovani risorse mobilitate non possono essere usate strumentalmente solo per le candidature di lista, ma vanno valorizzate in un quadro di rinnovato radicamento nella società. Tenere viva la memoria del Paese significa, per esempio, ricordare l'evoluzione dei partiti e delle rappresentanze economico-sociale tra gli anni '70 e la fine degli anni '90.

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elezioni 2018





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