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Politica
Elezioni 2018, la coerenza di Grasso rallenta l'addio al cattocomunismo
Foto La Presse

Pietro Grasso, il leader del nuovo movimento Liberi e uguali, che raccoglie fuoriusciti dal Pd (da Pier Luigi Bersani a Massimo D’Alema) a Sinistra Italiana (segretario Nicola Fratoianni) a Possibile (Giuseppe Civati), alle elezioni regionali del 4 marzo - quando si terranno anche le Politiche - appoggerà in Lazio il candidato del Pd, il governatore uscente Nicola Zingaretti, mentre in Lombardia non sosterrà quello del Pd, Giorgio Gori, sindaco di Bergamo, ma avrà un candidato proprio: l’ex sindacalista della Cgil Onorio Rosati. Risultato: in Lombardia, dove il centrodestra è in testa nei sondaggi, se con Gori, dopo il ritiro per ragioni personali di Roberto Maroni a vantaggio di Attilio Fontana (già scivolato sul tema immigrazione con quello che sembrerebbe un lapsus parlando di “razza bianca”), il centrosinistra aveva qualche speranza di recupero, ora è difficile. La scelta di Grasso potrebbe far vincere il centrodestra in Lombardia.

Il differente criterio (sì a Zingaretti, no a Gori) sembrerebbe la conseguenza di una coerenza (una purezza), avvallata dalla base… ma in politica si sa quanto pesino questi valori, per esempio quando si preparano le liste coi candidati alle elezioni o tra i vari capetti della base appunto. Grasso punta il dito contro l’appoggio di Gori al referendum autonomista – cui hanno votato sì un lombardo su tre (e un veneto su due) - e più in generale contro la mancata discontinuità del suo programma con la politica del Pd. Del resto gli stessi Bersani e Roberto Speranza, che aderiscono a LeU, ricordano spesso che il Pd di Matteo Renzi ha commesso l’errore di aver inseguito la destra. Questa posizione - discontinuità e differenziazione dal centrodestra – può essere efficace per la sua semplicità, ma appare arcaica per alquanta parte degli italiani in quanto non pragmatica e poco coerente con il sistema economico, ma anche culturale e politico, che una società come l’attuale richiede. La prova di ciò è come sia liquidato o passato sotto silenzio il tema dell’autonomia (e in senso lato del federalismo), uno dei lati più avanzati della democrazia, che porta benessere e ricchezza: si guardi agli Usa e alla Germania, rispettivamente lo Stato più ricco del mondo e quello più ricco e istruito d’Europa.

Anzi, democrazia e liberismo, quest’ultimo più o meno (paradossalmente) regolato, sono imprescindibili. Altrimenti la democrazia muore e con essa la libertà (anche il potersi proclamare comunista lo si deve al liberalismo… e per questo prima o poi la democrazia si affermerà anche nella sempre più ricca Cina). Dove ha sbagliato Renzi? L’ex premier ha capito - al di là dei modi e delle sue caratteristiche di comunicatore e di leader - che il mondo cambia, in un certo non ha inseguito la destra, ma cercato di stare al passo coi tempi… ma non ha saputo spiegare. E la sua sottovalutazione dell’autonomia del Nord conferma anche in questo caso ciò. Come al contrario l’appoggio discreto (la paura di perder consenso nel Centro-Sud centralista) di Silvio Berlusconi al sì al referendum sull’autonomia comprova il ritardo sul tema dell’Italia o detto diversamente quanto sia divisa in due dal punto di vista culturale-economico. Se l’Italia deve cambiare, deve avvenire totalmente, ossia gli italiani devono modificare mentalità e liberarsi dei pregiudizi sul cattolicesimo e il comunismo. Certo, non è facile trasformare una società, ci vuole tempo, bisogna educare, a prescindere dallo zoccolo duro catto-comunista.

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elezioni 2018pietro grassoliberi e uguali





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