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Politica
Elezioni 2018, Leu: Grasso e Boldrini, una poltrona per due

 

In questi giorni stiamo assistendo ad uno spettacolo indubbiamente gustoso e cioè la prosecuzione politica della pantomima istituzionale tra Pietro Grasso, presidente del Senato e Laura Boldrini, presidentessa della Camera.

Ormai, siamo alle dita negli occhi e dire che è solo da poco che il siparietto si è trasferito dalle paludatissime sacre stanze del Parlamento alle aulette dei centri convegno dove il movimento Liberi ed Uguali, D’Alema e Bersani pronubi, si dà appuntamento parlando del proletariato dopo, sia detto, anni di discorsi e fatti sulle liberalizzazioni promossi dai due quando erano seguaci della Terza Via di Tony Blair.

Pietro Grasso, che di esperienza ne ha veramente molta e stratificata indubbiamente in diversi ruoli importanti a cominciare dal ruolo in magistratura, ha bruciato sul filo di lana la presidentessa anti-bufale ed antisessismo che ha nella sua battaglia prodotto meravigliose, contorsioni linguistiche che resteranno indubbiamente nella storia per fastidiosa tigna e umana ingenuità.

Il Presidente del Senato, ha colto l’attimo più o meno fuggente e ha fatto fuori con una mossa questa sì magistrale il “sor tentenna” ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia e si è messo alla guida della piccolissima macchinetta da guerra ideata da baffino e soci.

Nel frattempo la Boldrini rimaneva a spolverare un po’ di scartoffie istituzionali facendosi, lo dico prosaicamente, fregare il posto.

Ora la Presidente (per poco tempo) della Camera, pasionaria di sinistra pur venendo da una famiglia privilegiata che annovera anche un ex presidente Eni, si è fiondata nell’agone politico che ha trovato, naturalmente, occupato dall’ ex magistrato.

Che fare? Ha pensato la Nostra rievocando l’amato Lenin.

Ed allora giù con il primo casino mediatico: accordi con i Cinque Stelle non se ne fanno perché, questo è quello che c’è dietro, essi sono cattivi avendomi attaccata per tutta la legislatura e vieppiù vituperata e financo sberleffata istituzionalmente, ma soprattutto, umanamente scordandosi che è stata eletta inizialmente anche con il loro consenso e poi c’ha litigato, come con quasi tutti.

A questo punto Grasso ha reagito da par suo con un bel ruggito da vecchio leone ancora saldamente alfa ed ha detto: ma che vuoi? Sei appena arrivata e già pontifichi?

Una proposizione linguistica che sottende un giudizio politico, peraltro corretto: tu non conti nulla qui.

La Boldrini ha incassato stizzita, come è solita fare, e ha rimandato al mittente una lamentazione sui processi decisionali e la democrazia più o meno centralizzata che sa di mancanza di argomenti con il richiamo al fatto che a suo dire Grasso aveva detto “No ad un suolo uomo al comando” (ma una sola donna sì?).

Truppe la Boldrini non ce ne ha proprio; è stata solo una donna molto fortunata che con un Pd in difficoltà dopo “non aver vinto” e “non aver perso” si è trovato nella necessità di eleggere una quasi perfetta sconosciuta alla terza carica dello Stato.

E non è che la Boldrini abbia fatto qualcosa per attirarsi la simpatia degli elettori: in cinque anni ha fatto solo una lunga e prolungatissima polemica lessicologica sui termini politically correct da utilizzare nei documenti istituzionali e non che ha prodotto veri e propri obbrobri linguistici che hanno fatto ridere il mondo esponendoci al ridicolo. Non contenta si è lanciata sulla giusta battaglia sulle fake news, ma solo per difendere sé stessa e quindi ha prodotto ulteriore indignazione per i suoi tentativi goffi di istaurare una sorta di “Ministero della Verità” che dovrebbe decidere cosa è giusto pubblicare e cosa no.

Grasso nel frattempo osserva perplesso e assai infastidito dalla discesa in cristalleria dell’ingombrante consolessa che rischia di apportare più danni che benefici alla causa.

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