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Politica
Elezioni 2018, M5S: il lato B di Luigi Di Maio
Foto La Presse


Di molti politici, per età, potrei essere il padre. Di Luigi Di Maio addirittura il nonno. E in tutti questi anni, sugli argomenti più diversi, inclusa l’enigmistica, non ho mai smesso di far funzionare il cervello. Così, se mi dicessero: “Fra tre giorni devi tenere una conferenza all’università sulla notte di San Bartolomeo”, oppure “sull’eresia monofisita” o anche “sulle ragioni della tentata secessione degli Stati del Sud, in America”, sarei spaventato, ma penso che buttandomi a studiare a corpo morto me la caverei. Se invece mi dicessero: “Abbiamo organizzato tutto perché tu sia eletto sindaco. Non avrai difficoltà, questo è un centro di appena diecimila abitanti”, sarei inorridito e forse la notte avrei degli incubi.

Il perché è presto detto. La politica richiede abilità che si acquisiscono col tempo. Bisogna imparare a dire soltanto ciò che è utile e a schivare con abilità anche le domande più dirette e insistenti. Bisogna saper mentire con disinvoltura. Bisogna farsi degli amici, essere disposti a tradirli e a non offendersi quando sono loro a tradirci. Addirittura si dovrebbe essere disposti a riaprirgli le braccia se questo convenisse fare. Bisogna saper resistere alle peggiori pressioni, ed anche saper cedere quando si ha perfettamente ragione. Bisogna essere capaci di fronteggiare ogni forma di doppiezza, di malafede, di calunnia, e aspettarsi di essere denunciati e processati – oltre che essere messi sulla graticola dei giornali – essendo perfettamente innocenti. Insomma essere degli incassatori come Berlusconi e Trump che, stramaledetti da tutti, sono andati avanti come treni. Io, fare il sindaco? Quando avrei perplessità a indurre mia moglie a dire al telefono che non sono in casa, perché mi pare un’azione miserabile?

Scusate la lunga diatriba. Non è che tenga a raccontarvi la mia vita. Voglio soltanto dire che un galantuomo di buon senso non si lancerebbe mai a ricercare una carica politica senza averne percorso, se non il cursus honorum, almeno il “cursus dishonorum”. Prima si deve essere attivisti politici, assessori ai servizi cimiteriali, almeno vice sindaci di un borgo. E soltanto in seguito mirare in alto, ma solo un po’ più in alto. Diversamente si andrebbe a giocare alla roulette russa.

Tutto ciò premesso, il galantuomo di cui sopra, come reagirebbe all’idea di divenire Presidente del Consiglio? Probabilmente, invece di avere gli incubi, la notte, rimarrebbe sereno. Perché, stavolta si metterebbe a ridere. E invece Luigi Di Maio si presenta seriamente come il candidato premier del suo partito. Giorni fa, su un noto giornale, uno psicoanalista, considerati i rischi che correrebbe, si chiedeva se il giovanotto sia sano di mente. E non intendeva insultarlo: esprimeva espressamente un parere professionale.

La “candidatura” di Di Maio fa tornare in mente molte battute. Per esempio: “I competenti dicevano che era impossibile, ma lui non lo sapeva, e lo fece”. Oppure, come dicono gli inglesi: “Gli stolti si lanciano correndo dove gli angeli non osano camminare”. O infine, più aulicamente: “Audaces fortuna iuvat”. Eh già, perché a volte la fortuna aiuta, anzi, addirittura salva gli audaci.

Ad esempio, tutti conosciamo il nome di Cristoforo Colombo e gli dedichiamo monumenti; viceversa nessuno saprebbe dire i nomi di quegli scienziati che gli davano torto, sulle dimensioni della Terra, e gli predicevano un destino infausto, se avesse insistito nell’impresa. Ma Cristoforo Colombo forse era un po’ ignorante, forse era pazzo, forse era soltanto testardo, certo riuscì a mettere insieme tre caravelle e prese il mare. Tutti sappiamo come finì, ma non molti saprebbero rispondere alla domanda: “E invece come doveva finire?”

Doveva finire con la morte di tutti e tre gli equipaggi. Colombo non poteva prevedere l’esistenza dell’America e infatti, il 12 ottobre 1492, pensò di essere sbarcato in India. Dunque sarebbe certamente morto se, per ritrovare la terra, avesse dovuto traversare l’intero Pacifico fino al Sud-Est asiatico. Ma gli andò bene, e oggi tutti pensano che “scoprì l’America”. In realtà, per dirla volgarmente, “ebbe un culo bestiale”.

Dunque è lecito sperare nella fortuna. Ma chi è più dissennato, un quisque de populo che, con una preparazione adatta alla licenza media, pensa di poter fare il Presidente del Consiglio di un Paese come l’Italia, o un grande marinaio che naviga verso ovest con l’intenzione di “buscar el levante por el poniente”?

La prossima volta che vedrò Di Maio in televisione esaminerò con cura il suo lato B. E se quel deretano sarà tale che, per entrare a Palazzo Chigi, dovranno abbattere un muro, allora sì, gli vaticinerò un grande successo. E una statua accanto a Colombo.

giannipardo@libero.it

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