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Politica
Elezioni 2018 Renzi vince, comunque vada. Matteo è pronto a fare il Macron

Comunque andrà il 4 marzo, sarà la replica in pejus del 4 aprile 2008 quando il Pd 'Yes we can' fu spedito all'opposizione, la sinistra radicale del 'ragazzo rosso' Fausto Bertinotti venne cancellata dal Parlamento e le chiavi di Palazzo Chigi tornarono al centro-destra che dopo decenni con Gianni Alemanno salì addirittura in Campidoglio, Matteo Renzi avrà vinto anche lontano da Palazzo Chigi.

Qualsiasi sia, infatti, la percentuale del Pd - che dai sondaggi oscilla tra il 20 e il 27% - questa volta, rispetto al 40,9% del refendum istituzionale perso il 4 dicembre 2106, sarà pressochè interamente di sua esclusiva proprietà.

Messi fuori gioco definitivamente 'i nipotini' di Palmiro Togliatti eredi del 'consociativismo catto-comunista' che ha reso la Prima e la Seconda Repubblica post 1989, impermeabile a qualsiasi 'alternativa di governo', Renzi potrà procedere alla 'rottamazione' del Pd per un movimento simile a 'En Marche' che 'l'enfant prodige' Emmanuel Macron ha costruito, grazie all'impercettibile, inconsistente Francois Hollande, dalle ceneri del Psf.

E potrà farlo lontano da Palazzo Chigi con un altro 'patto del Nazareno' in un un arco temporale di uno-due anni che è anche il tempo necessario al prossimo governo di Große Koalition o di 'unità nazionale', aperti a tutti, dai pentastellati ormai in disarmo ai transfughi di LeU, per riformulare una legge elettorale maggioritaria sul modello tedesco o inglese.

Dopodichè, fatte le europee del 2019, si tornerà inevitabilmente a votare di nuovo.

E la sinistra? Ci sarà ancora e di chiaro segno socialista ma 'made in England' dove il 68enne laburista Jeremy Corbyn ha rottamato la 'terza via' neoliberista riattualizzando 'il riformismo rivoluzionario', seguito nella sua rivoluzione e acclamato come una rockstar - Oh Jeremy, oh Jeremy - da tanti giovani riuniti in Momentum, per una 'cultural democracy now', una cultura democratica ora, per i molti non per i pochi, 'for the many, not the few'.

E in Italia? E' da ricostruire ex-novo. Di grandi occasioni ne ha perse troppe, sin dal '44 con i 'governi di pacificazionale nazionale' del Maresciallo fascista e criminale di guerra Pietro Badoglio, poi del dc Alcide De Gasperi a spese del governo dell'azionista Ferruccio Parri ; nel '48 con la scelta sciagurata del 'Fronte Popolare'; negli anni '70 con i governi di 'centro-sinistra organico' al posto del primo centro-sinistra 'riformatore'; con 'i governi di solidarietà nazionale' e con 'i pentapartiti' invece di progettare un'alternativa possibile nonostante le vittorie al referendum sul divorzio ('74), gli ottimi risultati alle regionali del '75 e alle politiche del '76, seguite dalla vittoria al referendum sull'aborto ('81).

Neanche dopo il crollo del muro di Berlino dell'89 è stata capace - o non ha voluto, il che sarebbe peggio - costruire una grande forza progressista di alternativa: ha invece proseguito con la regola aurea del passato: scissione su scissione per fare partitini più o meno personali (da LeU al Psi ai Verdi etc) o movimenti in stile '68 - 'Potere al popolo' - magari pure simpatici ma con poca o senza storia e una leadership improvvisata, che gli elettori disaffezionati si ritroveranno nelle schede elettorali divenute nel frattempo più complicate.

Come diceva il grande Principe de' Curtis, in arte Totò, "scusate sono ignorante in questa specie di politica" ma "ca nisciuno è fesso"...

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renzi





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