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Politica
Elezioni europee tra progresso e restaurazione

Si è alzata, e di molto, la posta in gioco sul 'tavolo verde' delle elezioni europee in programma domenica: lo scontro culturale, e poi politico ed economico, non è tanto tra chi vuole restare (remain) o uscire (leave) dalla iniqua, decadente, decotta Unione europea solo finanziaria, ma tra chi propone un nuovo umanesimo progressita e laico e chi, invece, mira ad una restaurazione sciovinista e sanfedista. In gioco c'è il modello di società con i suoi valori fondanti, che si indende perseguire ed attuare. Se, in altre parole, al centro del modello di società c'è la persona umana con i bisogni materiali essenziali alla sua sopravvivenza: lavoro, salario, pensione, casa, assistenza sanitaria, ed i suoi bisogni non materiali indispensabili alla formazione dell'identità personale, così da poter decidere della propria esistenza e costruirsi una vita umana originale: istruzione, ricerca, conoscenza, tempo libero per se e per gli altri, qualità della vita, o se, invece, a contare sono il mercato, il consumismo sfrenato, il business, il profitto, l'individualismo, quel mix disumano di carriera e guadagno facili. 

I due schieramenti contrapposti sono sulla scena: e la scelta tra l'uno e l'altro non può che essere radicale e netta. Progresso o restaurazione: è questo lo scontro epocale e non tanto, appunto, se restare o uscire dalla decrepita Ue che va democratizzata e rilanciata con politiche radicalmente innovative rispetto all'austerità. Mentre lo schieramento che è proiettato alla restaurazione dell'Ordine, anche Mondiale, sta, a tappe successive, estendendo i suoi tentacoli dagli Usa di Trump all'America Latina, dall'Africa all'Europa, mettendo assieme sciovinismo e sanfedismo con la riedizione dell'Esercito, globale, della Santa Fede, l'altro schieramento, dilaniato da persistenti e deleterie divisioni intestine, ha addirittura posto in soffitta il valore della laicità delle istituzioni, o se si vuole la separazione tra Stato e Chiesa, lasciando via libera allo Stato confessionale o teocratico.

Cos'altro può significare l'uso - e poco conta se appropriato o inappropriato - di simboli religiosi - il Papa, la Bibbia, il Rosario, Maria, la sacra famiglia - in questa campagna elettorale contrassegnata dai rigurgiti antisemiti, razzisti, xenofobi, se non, appunto, la Restaurazione, ancor meglio l'implementazione di un Nuovo Ordine, anche Mondiale? Magari non si sta correndo verso il fascismo del Ventennio, per come si è manifestato, in quanto esso costa probabilmente troppo, ma è indubitabile che si sta correndo verso l'autoritarismo, per cui va da se che nel sistema capitalistico moderno è insita una forte spinta repressiva antidemocratica e illiberale. Laddove la vandea sciovinista e sanfedista arriva e si diffonde, essa segnala e mette a nudo l'esistenza di un vuoto ideale e progettuale delle forze progressiste. Un vuoto che viene evidenziato non soltanto dalle diseguaglianze economico-sociali, dalla restrizione dei diritti sociali (tutele sul lavoro) e civili (aborto, divorzio) e delle libertà individuali e collettive, ma anche dall'aver smarrito il valore della laicità per genuflettersi al Potere ecclesiastico, alla Religione sic et sempliciter.

Ma, va detto, non è così dappertutto ed ovunque: di umanesimo progressista e laico è caratterizzato negli Usa il socialismo democratico di Bernie Sanders, come nella Spagna di Pedro Sanchez, nel Portogallo di Antonio Costa, nel Regno Unito di Jeremy Corbyn. E di umanesimo si nutre, tanto da esserne un cardine fondamentale, l'European Spring del marxista erratico, l'ex-ministro greco disobbediente Yanis Varoufakis, fondatore del movimento paneuropeo e trasnazionale Diem25.

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