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Politica
Abruzzo: Centrosinistra al palo, il “campo largo” era solo un miraggio

Elezioni in Abruzzo, il Csx è rimasto al palo. Catastrofe Conte, bene Schlein ma il "campo largo" è solo un miraggio

I dati delle urne sanciscono un verdetto netto, ben distante da quello sardo. Marco Marsilio, centro-destra, uomo della Meloni e governatore uscente ha vinto nettamente con il 53,5% dei voti, Luciano D’Amico, già rettore dell’Università di Teramo, candidato della Nuova Unione del centro-sinistra ha presolo solo il 46,5%. Affluenza in lieve ulteriore calo al 52,2% rispetto al 52,87% delle precedenti regionali del 2019.

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La classifica dei partiti è: Fratelli d’Italia, al primo posto con il 24,12%, poi il Partito democratico con il 20,3%, Forza Italia con il 13,41%, la Lega con il 7,58% e i Cinque Stelle con il 6,96%. Al di là dei risultati dei singoli partiti era però importante testare la condizione del centro – destra, che è risultata ottima e abbondante mentre il centro-sinistra ha messo in luce tutte le sue contraddizioni e dimostrato ancora una volta che il risultato sardo, con una vittoria di un migliaio di voti, era del tutto casuale e non legata a ipotetici “campi larghi” o, peggio ancora “larghissimi” come nel caso dell’Abruzzo.

Il vero sconfitto di queste regionali è Giuseppe Conte che già i sardi avevano bastonato come lista, mandando un preoccupante segnale che ha trovato poi conferma in Abruzzo mentre la Schlein ha ottenuto un buon risultato. I Cinque Stelle non esistono più e sono in caduta libera. La vittoria di Alessandra Todde è stata del tutto casuale e legata unicamente alla persona e al suo curriculum, nonché al suo ruolo di amministratrice delegata. Il voto isolano non è andato al Movimento ma unicamente al candidato, complice un pasticcio del centro-destra dovuto al cambio in corsa del loro candidato, come ha giustamente fatto notare Matteo Salvini. Dicevamo che il voto abruzzese ha in realtà valenza nazionale perché segna una clamorosa sconfitta del “campo largo” e dei suoi fautori. Gli elettori non sono fessi e soprattutto nei Cinque Stelle ricordano bene quando Beppe Grillo sghignazzava “Pdl – l”, per definire il Pd, a loro modo di vedere identico al Pdl.

La guerra tra il Pd e i Cinque Stelle è stata lunga e cruenta e non poteva, non può e non potrà non lasciare tracce.

Il governo è solido e saldo, ma non solo per meriti suoi. L’opposizione è un’armata Brancaleone che ricorda molto l’Unione del Prodi 2 che andava da Fausto Bertinotti a Clemente Mastella, e infatti cadde quasi subito proprio per aver voluto sfidare gli dei amalgamando l’impossibile e il non commisurabile. Che c’azzeccava infatti un comunista come Bertinotti con un democristiano liberale come Mastella nessuno lo ha mai capito. Ora stanno ripetendo lo stesso errore, cambiando solo i personaggi del gioco. Prima o poi gli italiani-sono sulla buona strada- si accorgeranno di che pasta è fatto Giuseppe Conte, simpatico sul piano umano, ma totalmente opportunista sul piano politico. “Avvocato del popolo” con il giallo –verde di destra, pasionario rivoluzionario con il giallo – rosso e infine draghiano con l’arcobaleno, con l’aggravante di aver poi fatto cadere il governo spalancando la vittoria della destra solo per ambizione personale.






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