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Politica
Elezioni Lega, il piano di Salvini in caso di voto. Chi sì, chi nì e chi no

"Indietro non si torna", "ah, su questo non ci sono dubbi". A parlare così, non molti giorni fa, sono stati in uno dei tanti incontri tra i big leghisti Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini. All'ordine del giorno del summit che si è tenuto ai primi di luglio negli uffici del gruppo del Carroccio a Montecitorio c'era anche la strategia da adottare nel caso in cui le tensioni con il Movimento 5 Stelle e con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte dovessero portare alla crisi e poi alle elezioni politiche anticipate.

Che si voti a settembre/ottobre o a febbraio 2019 o in primavera, su un punto i massimi vertici della Lega (e su questo punto Salvini, Giorgetti, Centinaio e i due capigruppo sono assolutamente allineati) non hanno alcun dubbio: nessuna alleanza elettorale con Forza Italia e con Silvio Berlusconi. I leghisti considerano gli azzurri, salvo qualche eccezione, ormai un partito più vicino a Matteo Renzi e al vecchio Patto del Nazareno che non ai sovranisti.

L'ex Cavaliere è stato fedelmente al fianco di Angela Merkel e del Ppe nel voto a favore di Ursula von der Leyen e in questo anno abbondante di governo l'opposizione di Fi si è spesso sommata a quella del Pd. Non solo. Per Salvini "le formule del passato non sono riproponibili", come ha chiaramente sentenziato il Capitano ai suoi fedelissimi riuniti qualche giorno fa alla Camera. E il "passato" sono i vertici di Arcore, memorabili le cene del lunedì sera a Vialla San Martino dove puntalmente Umberto Bossi trovava la famigerata quadra, e lo schema ormai superato Lega, Forza Italia, Fratelli d'Italia.

"Il mondo è cambiato e dobbiamo adeguarci", ha spiegato lo stesso vicepremier e ministro dell'Interno ai suoi annunciando così l'intenzione - se davvero si andasse alle elezioni anticipate - di presentarsi come forza sovranista e non più come coalizione di Centrodestra. Salvini ha sempre dichiarato di non credere ai sondaggi ma, stando agli input che gli arrivano dai suoi esperti di comunicazione, l'obiettivo 40% per il Carroccio non è affatto un miraggio. Soprattutto se riuscisse in un'eventuale campagna elettorale a far passare l'idea del voto utile, soprattutto in chiave anti-Berlusconi.

Per il vicepremier leghista, al momento, l'unico interlocutore certo è Giovanni Toti, sempre che il Governatore della Liguria abbia il coraggio di staccarsi da Forza Italia e da Berlusconi. Toti e i totiani hanno sempre avuto parole di apprezzamento per quanto fatto dalla Lega al governo, a partire dalla lotta all'immigrazione clandestina e dalla sicurezza, e hanno una posizione assolutamente conciliabile con quella di Via Bellerio su flat tax, sblocco delle infrastrutture (non solo Tav Torino-Lione) e autonomia regionale. Tema, quest'ultimo, che lascia qualche punto interrogativo su una possibile alleanza con Fratelli d'Italia.

Al momento l'accordo con Giorgia Meloni in caso di voto è probabile ma non sicuro. Se infatti con Fdi c'è vicinanza di posizioni su immigrazione clandestina, flat tax, infrastrutture e rapporto con l'Europa, la preoccupazione è che sulle autonomie regionali si ripeta il balletto che si vede da fine 2018 con i 5 Stelle. I governatori Fontana e Zaia, in particolare, temono che la parte maggioritaria di Fdi, quella da Roma in giù, si metta di traverso esattamente come hanno fatto i pentastellati. E non a caso molti esponenti di Fratelli d'Italia hanno applaudito addirittura alla prudenza di Roberto Fico sul tema dell'autonomia.

Più di un campanello d'allarme per il Carroccio, insomma. Salvini prima di stringere un'eventuale intesa elettorale e politica vorrà dalla Meloni un impegno scritto e formale su un testo di autonomia, che potenzialmente varrà da Nord a Sud e non solo per Lombardia e Veneto, da approvare in tempi stretti in Parlamento.  Se per Toti è un sì e per la Meloni è un nì, sicuramente è un no (secco) non solo a Berlusconi ma anche a tutta quella "vecchia guardia" azzurra che si è scagliata contro l'esecutivo (quindi anche contro la Lega) fin dal primo giorno. Brunetta, Carfagna, Rotondi, Prestigiacomo...solo per fare qualche nome.

E infine qualche numero. Stando ai calcoli che si fanno in Via Bellerio, al momento un'alleanza elettorale Lega-Fdi garantirebbe una maggioranza solida in termini di seggi, considerando la legge elettorale in parte proporzionale e in parte maggioritaria. I calcoli che circolano tra i leghisti sono 335-345 deputati e 175-185 senatori.

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