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Politica
Elite sotto attacco dei populisti. Ma così si ricreano le caste

Sergio Rizzo autore, assieme a Gian Antonio Stella, del saggio di gran successo “ la casta “,ha recentemente sostenuto che il termine “ elite” è diverso da “caste “ :le elite ,oltre a essere competenti possono essere anche “buone “ e sensibili ai problemi della società , mentre le caste sono “cattive “ perchè puntano solo a conservare i propri privilegi. Solleva il tema perche’ , come molti in Italia , ritiene che l’ attacco alle elite da parte dei partiti populisti rischia di privare il paese della competenza necessaria per farlo (ri)partire.

Rizzo ha ragione nel sostenere che le elite possono avere competenza e anche comportamenti etici, ma non ricorda un particolare importante: le elite, per essere davvero all’altezza del compito devono essere il risultato di un processo di selezione meritocratica fortemente competitivo. Per entrare e restare nell’ elite , una persona deve essere migliore sotto il profilo del merito individuale di altri che ambiscono alla sua posizione . Non per nulla , il termine “elite” deriva dal latino “eligere “ ( “scegliere “) ed e’ stato utilizzato agli inizi del secolo scorso da un italiano, Vilfredo Pareto, per distinguere le elite dalle Aristocrazie che ereditavano potere e ricchezze , non necessariamente meritate. La differenza con le “ caste “ sta proprio qui : si diventa membri delle caste grazie a una cooptazione anti competitiva da parte di persone che arrivano al potere e alle ricchezze spesso fuori dalle regole del mercato e della morale.

Nel mondo occidentale è in corso un attacco senza precedenti alle elite da parte di gruppi eterogenei :politici populisti , accademici che rinnegano la meritocrazia delle grandi università e , recentemente , perfino il Papa.In molti paesi del mondo, la preoccupazione di Rizzo di buttare via il bambino della competenza assieme alla acqua sporca del privilegio , sembrerebbe perfettamente centrata.

Non così da noi. Nel caso delle elite italiane degli ultimi 30-40 anni ’ di selezione competitiva e meritocratica se ne e’ vista poca , al contrario del resto del mondo occidentale e in particolare di quello anglosassone.Per questo , la classe dirigente italiana e’ stata più’ “casta” che vera “elite”. E non parliamo solo della politica , ma anche del mondo degli affari ,delle banche , della Pubblica amministrazione e delle istituzioni . Il problema dei nostri partiti populisti non è il rischio della perdita di una competenza che non c’è mai veramente stata. Criticano i “signori della finanza, gli intellettuali “radical chic” , il “Governo delle banche “ e le istituzioni europee in modo non troppo diverso da Matteo Renzi che voleva rottamarli in blocco.

Il problema e’ che, rifiutando la competizione e il mercato , rischiano di (ri) creare le caste . La casta dei piccoli commercianti che da sempre si oppongono alla spesa di domenica , in contrapposizione con l’innovazione prima della distribuzione moderna e adesso dell’ e-commerce.Quella dei tassisti che da sempre si oppone alla concorrenza di altri taxi ( più’ licenze), degli NCC e adesso di Uber .La casta dei sindacalisti della scuola che si oppongono allo utilizzo dell’INVALSI alla maturità che permetterebbe di valutare la qualità’ delle scuole e eliminare una volta per tutte lo scandalo dei 100 e lode al sud doppi che al nord.

Piccole caste che alla fine rafforzano grandi caste : sindacati , cooperative di taxi,Confcommercio .E infine il rischio di ricreare la “madre di tutte le grandi caste” , quella delle partecipazioni statali dove i pentastellati vogliono fare confluire autostrade , Alitalia , la distribuzione dell’acqua che deve essere gratis ( avremo presto L’”acqua di cittadinanza “?)dimenticando che le aziende di stato in passato sono state un simbolo di inefficienza e immoralita’.La stessa tragedia di Genova ha dimostrato chiaramente che i partiti populisti non amano la selezione competitiva : vogliono attribuire la ricostruzione del ponte dI Genova senza una gara , espropriare la concessione a Autostrade e attribuirla senza gare ,ignorando le norme della UE sul rispetto della concorrenza.

Nei loro valori anti-competizione i nostri populisti interpretano una volta di più’ il sentimento di gran parte degli italiani che, sotto sotto , accettano la competizione solo negli stadi . Mentre gli americani, anche quelli che hanno votato per Trump contro le elite di Wall Street , continuano a credere nella competizione meritocratica : il 70 % , secondo un recente sondaggio , ritiene che “ il loro futuro dipenda unicamente dal loro lavoro e dalla loro intelligenza”. In Italia il sondaggio dimostra l’atteggiamento esattamente opposto.

I nostri partiti populisti non hanno capito che meritocrazia significa selezione competitiva e, in particolare i pentastellati , la confondono con “raddrizzare i torti “, aiutando i più deboli : tagliare le” pensioni d’oro” per alzare le minime. Tagliare vitalizi e numero di parlamentari per dare il reddito di cittadinanza. “Punire “ Autostrade. E per questo, durante la campagna elettorale hanno parlato di creare un “ministero per la meritocrazia” che hanno poi, probabilmente saggiamente ,abbandonato .Raddrizzare i torti e aiutare i più deboli , se fatto bene ,è encomiabile , ma non è la meritocrazia. E non basta a fare ripartire il paese.

Sergio Rizzo ha ragione ha dire che le elite non sono caste. Ma fino a che gli italiani non inizieranno ad accettare la selezione meritocratica competitiva , la classe dirigente italiana sara’ sempre più’ vicina a una casta che a una elite.

Roger Abravanel

meritocrazia.corriere.it

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