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Politica


La crisi istituzionale del post - Renzi è durata meno di una settimana esatta: domenica 4 dicembre il voto popolare del No al referendum provocava il terremoto e domenica 11 dicembre la crisi è chiusa.

Ora occorrerà vedere che governo sarà, quali ministri entreranno e soprattutto quale sarà l’indipendenza politica del nuovo premier.

Intanto vediamo come è stata gestita la crisi.

Il Presidente della Repubblica ha portato a casa un risultato importante per la stabilità istituzionale, senza entrare nel merito della figura del ministro degli esteri possiamo dire che Mattarella da democristiano assai navigato conosce i pericoli di crisi non chiuse in tempi brevissimi ed ha fatto il suo dovere istituzionale con successo.

Renzi invece esce di scena piazzando però un suo uomo, appunto Gentiloni, frutto di mediazione inevitabile. Ora si concentrerà sul Congresso ma ha perso i tre quarti del suo Impero ed è rifugiato in una ridotta scomoda. Non tutto è perduto ma deve stare molto attento agli errori che ha commesso e non ripeterli più in futuro se vuole sopravvivere politicamente agli attacchi che sta già subendo e subirà in futuro da chi il referendum invece l’ha vinto.

Padoan che aveva già l’acquolina in bocca esce sconfitto perché il detto che chi “entra Papa esce Cardinale” non è stato ancora mai smentito.

Rutelli che attualmente è fuori dalla politica ha una possibilità di tornare a contare un po’ però non dimentichiamoci che anche prima aveva piazzato inutilmente (per lui) uomini vicino al premier che non se lo sono filato affatto.

Papa Francesco vince alla grande perché Gentiloni è un cattolico di sinistra ed è già vicino di suo al Vaticano: inizierà una nuova era dei rapporti con Oltre Tevere dopo i ripetuti Sgarbi giubilari?

Perde Marchionne e gli industrialoni che avevano incautamente endorsato Renzi e soprattutto perde la faccia Benigni che si era “venduto” la “Costituzione più bella del mondo” prefigurando un Reich millenario che è durato meno di tre anni.

Ha perso Baricco & Company (cioè il milieu culturale radical-chic di sinistra).

Ha vinto la Cgil e sindacati in genere e soprattutto ha vinto Massimo D’Alema che ha avuto il coraggio di schierarsi apertamente.

Ha perso Bersani ambiguo ed ondivago e soprattutto ha perso Cuperlo ormai additato da tutti come “traditore”.

Ha perso Prodi che ha fatto l’errore di schierarsi fuori tempo massimo e dalla parte sbagliata ed ha perso Alfano sconfessato sul voto anticipatissimo da Mattarella.

Tra i giornali c’è una pacata amarezza al Corriere della Sera ma Fontana pur essendo di sinistra è troppo furbo per gesti eclatanti; l’unico vero sconfitto al Corrierone è Severgnini che non gliene andata bene una dalla Brexit, a Trump, a Renzi.

Repubblica ha perso perché il suo direttore Calabresi era schierato per il Si, ma aveva contro diversi giornalisti di peso.

Il Sole 24 Ore in ambasce da mesi piange la sconfitta dì Renzi come del resto Il Foglio di Giuliano Ferrara (che è ancora lui il vero padrone).

Il direttore- spia della Cia (per sua stessa ammissione) tifava Renzi e gli ha detto male.

Tra i minori sulla rete segnaliamo Giornalettismo (Marco Esposito) e Next (Alessandro D’Amato che si definisce “masterizzato” manco fosse un cd) filorenziani della prima ora che adesso temono tempi di micragna.

Vince FaceBokk che postverità o no ha distrutto Renzi mediaticamente ed ha perso Twitter più infestato dai radical-chic.

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pagelle governo gentiloni





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