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Politica
Governo, crisi a gennaio. E a fine marzo le elezioni

Palpabile. Evidente. Quasi irreversibile. Stavolta la tensione nel governo è davvero alle stelle e l'aria di crisi c'è tutta. Anche le fonti Dem e 5 Stelle che solitamente svolgono il ruolo di pompieri e tendono a spegnere gli incendi politici in queste ore ammettono che "la situazione è davvero pesante e difficile". Una crisi di governo imminente viene comunque esclusa, salvo colpi di scena, per non rompere definitivamente il rapporto con l'Unione europea. Il Quirinale è fortemente preoccupato per gli scontri nella maggioranza e, stando alle indiscrezioni che circolano nei Palazzi romani, starebbe facendo pressioni per salvare quantomeno la Legge di Bilancio e l'avvio del Recovery Plan, fondamentale per cercare di risollevare l'economia nazionale. Una caduta dell'esecutivo Conte in questi giorni significherebbe niente manovra e quindi esercizio provvisorio e soprattutto perdere il treno degli aiuti di Bruxelles.

Ma i fronti aperti ormai sono tantissimi. Sulla cabina di regia per il Recovery Italia Viva è in fermento con il Consiglio dei ministri slittato per cercare una difficile quadra. Nel Pd spiegano che Matteo Renzi teme di essere ridimensionato e di restare fuori dai giochi che contano sui fondi Ue, visto che a coordinare la cabina di regia sarebbero i ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli con il responsabile delle Politiche Ue Vincenzo Amendola che si occuperebbe dei rapporti con Bruxelles. Iv ribatte con il presidente dei senatori Davide Faraone: "Vi pare possibile che il Recovery sia un dossier fantasma e che a tutta una serie di realtà, dal Parlamento, dai presidenti di regione ai sindacati alle forze sociali resti ignoto?".

Un pessimo avvio, insomma, per quella che sarebbe dovuta essere la grande rivincita dell'Italia e l'inizio della ripresa economica dopo tanti mesi di pandemia e di restrizioni. Se sul Recovery sono i renziani a creare problemi, sulla riforma del Mes, come noto, la fronda è nei 5 Stelle. Vito Crimi e Luigi Di Maio stanno tentando di far rientrare il maggior numero di senatori pentastellati in vista del voto di mercoledì a Palazzo Madama, ma è indubbio che per la maggioranza è un altro, grosso, punto di debolezza. Non parliamo poi delle riforme istituzionali. Il Pd e Nicola Zingaretti avevano dato il loro ok al Sì al referendum sul taglio dei parlamentari con l'impegno che sarebbe andato avanti l'iter sulla nuova legge elettorale, i regolamenti parlamentari e una parziale revisione della Costituzione. Tutto fermo. Tutto incagliato, con i Dem sempre più nervosi sia con Italia Viva sia con il M5S per motivi differenti.

Ci sono poi tanti altri nodi all'interno della maggioranza, come ad esempio il dossier Unicredit-Mps, che non fanno altro che far salire la tensione. "Impossibile arrivare al 2023, su questo Renzi ha ragione", ammette a denti stretti un deputato Dem di lungo corso. Il barometro della politica oggi 7 dicembre, Sant'Ambrogio, segna crisi solo rinviata, forse già a gennaio, una volta chiusa la Legge di Bilancio, evitato quindi l'esercizio provvisorio, e instradato il percorso per non perdere i fondi europei. Il semestre bianco del presidente della Repubblica inizia a metà 2021 e, escludendo come detto la crisi prima di Natale, rimane un'unica finestra che è quella della prima metà del prossimo anno.

In caso di crisi il capo dello Stato farebbe un rapido tentatativo per capire se è possibile trovare una nuova maggioranza - ma per un governo filo-Ue in questo Parlamento non ci sono i numeri - altrimenti, scenario più probabile, si andrebbe dritti alle elezioni politiche anticipate tra la fine di marzo e l'inizio di aprile. Anche perché entro il 15 gennaio andrà approvato il decreto che ridisegna i collegi elettorali recependo il taglio dei parlamentari e tecnicamente quello scoglio alle elezioni con il Rosatellum verrebbe meno. Zingaretti ha sempre detto che il governo ha senso e va avanti se è in grado di incidere e di cambiare l'Italia. Recovery in alto mare, riforma del Mes in bilico (con i soldi per la sanità che mai arriveranno, parole di tutto il M5S) e riforme elettorali e istituzionali sul binario morto. Non era questo lo spirito con cui è nato il Conte bis dopo la pazza estate del Papeete. E nel Pd ne sono sempre più convinti.

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