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Politica
Governo, Di Maio umiliato: vince alle urne e il mandato va a una berlusconiana

"O io premier o niente" tuonava Luigi Di Maio fino a poco fa, dando ultimatum a destra e a manca, aprendo alla Lega e al tempo stesso al Pd, per formare un'alleanza di governo ma sempre con la pregiudiziale della sua premiership.

"No a Silvio Berlusconi", dichiarava a ogni piè sospinto, "Berlusconi è il male assoluto" rincarava la dose il compagno di partito Alessandro Di Battista (dimenticando furbescamente di publicare libri con il Cavaliere). Una sicumera e una protervia, secondo molti osservatori politici, che non gli avrebbe giovato nel lungo periodo. "Chi troppo vuole nulla stringe", e a forza di non rinunciare a nulla si finisce per perdere tutto.

Insomma, Luigi Di Maio, il vincitore delle elezioni con il suo 32 %, il grande oppositore di Silvio Berlusconi, l'uomo che voleva farsi premier, è costretto oggi a veder affidare il mandato esplorativo a una berlusconiana di ferro, ovvero Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato. 

Colei che tanto s'impegnò nell'ideazione e nell'approvazione delle cosiddette "leggi ad personam" pro Berlusconi, le leggi che per anni, prima dell'ingresso dei grillini in Parlamento, erano motivo di indignazione di Beppe Grillo sul suo blog, oggi "soffia" (almeno per il momento) il mandato a Luigi Di Maio.

Un'autentica umiliazione per il giovane e rampante politico, e l'ennesima dimostrazione che il Cavaliere, che dai grillini e non solo veniva dato per morto, è ancora personaggio determinante e imprescindibile nella politica italiana.  

Riuscirà la Casellati a trovare la quadra e rabberciare una possibile maggioranza di governo? La missione è difficile, e quasi impossibile. Ma senz'altro, si allontana sempre più l'ipotesi Di Maio premier. Fallito il suo tentativo di spaccare il centrodestra e a separare Matteo Salvini da Silvio Berlusconi, il giovane ex valletto dello stadio San Paolo di Napoli paga carissimo il suo no al Cavaliere. Una cui pupilla, anzi una propaggine, oggi si vede affidare il mandato.

Ma nel caso di fallimento della Casellati, un altro scoglio aspetta che Di Maio vada a schiantarvisi contro: il suo eterno rivale Roberto Fico potrebbe chiudere l'accordo con il Pd, con il segretario del quale - Maurizio Martina - il presidente della Camera grillino ha mostrato diverse convergenze negli ultimi giorni. Infine, dal punto di vista istituzionale, se Di Maio non dovesse diventare il premier, resterebbe un "semplice deputato" mentre Fico sarebbe comunque la terza carica dello Stato. Ennesimo boccone amaro per l'ambizioso "Giggino". 

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