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Politica
Governo alle prese con l'enigma Savona
Foto LaPresse

Non c’è dubbio, il prof.Paolo Savona è un onest’uomo. Oppure un pazzo. O tutte e due le cose insieme. Certo, bisogna essere un po’ speciali per comportarsi come lui. Un cervello normale non è in grado di seguirlo e la mente di chi scrive non fa parte delle fuoriserie. Insomma Paolo Savona pone più interrogativi della Sfinge.

Andiamo con ordine. Il professore è un celebre economista. È universalmente giudicato un grande competente ed è stato anche ministro. Inoltre è un uomo dalla straordinaria indipendenza di pensiero, se è vero che non teme di passare per eretico e addirittura di essere visto come un incendiario. Così, quando i pentastellati lo hanno proposto come ministro dell’economia al Presidente Mattarella, questi – superando il panico provocatogli dalla proposta di “impeachment” formulata da Luigi Di Maio - ha detto di no. Fino ad opporsi alla costituzione di quel governo.

Dunque il presidente aveva visto Paolo Savona come l’aveva visto l’intera Italia. Possibile che ci sbagliassimo assolutamente tutti, inclusi i “grillini”, quelli che proprio per la sua qualità di eretico lo stimavano? Infatti oggi siamo al paradosso. Se Savona avesse detto allora quello che dice oggi, Mattarella forse lo avrebbe voluto come ministro e i pentastellati gli avrebbero preferito Jack lo Squartatore. O, peggio, Renato Brunetta.

Savona tuttavia non ha affatto l’aria di un malato di mente. È lucido, chiaro, risoluto. È il competente di sempre. Solo che ora dice bianco mentre prima diceva nero, vede tragedie dove prima vedeva vittorie, e infine – come gli ortodossi e i cattolici – è disposto allo scisma. Magari per una barba. Che diamine gli è successo? Come mai vede tutto nero, mentre il suo sostituto, Giovanni Tria, vede tutto rosa e si comporta lietamente da volenteroso esecutore degli ordini?

Volendo salvare Savona, si devono fare i salti mortali. Si direbbe che, per salvare lui, dobbiamo trattare da cretini tutti gli altri, incluso il Presidente della Repubblica. Per quanto ricordo, Savona è stato accusato di avere ipotizzato la fine improvvisa dell’euro, e francamente non mi pare un peccato mortale. Soprattutto dal momento che Savona quell’esito non è che se lo augurasse. Egli sosteneva soltanto che, in vista di un possibile “Cigno Nero” (evento catastrofico imprevisto) era necessario avere un “Piano B”. Ma la proposta fu giudicata universalmente eretica. L’euro è “irreversibile”, diceva Mario Draghi. Forse perché temeva che soltanto parlarne potesse provocare gravi guasti in Borsa. E tuttavia la levata di scudi rimaneva incomprensibile. Chi fa testamento non per questo si augura di morire: vuole soltanto evitare che gli eredi, oltre ai beni, ereditino una costosa e interminabile lite.

Savona dunque aveva ragione, nell’invitarci a predisporre tutto per il caso che nevicasse: ma in quel tempo deve aver detto e scritto ben altro. Ne è testimone lui stesso quando, in questi giorni, si dice “negativamente sorpreso” dalla dura reazione dell’Europa alla futura legge di bilancio. Che viceversa, fino a un momento molto recente, deve essergli sembrata ragionevole. Cosa incredibile, dal momento che a moltissimi di noi essa sembrava e sembra demenziale. Ma - in questo gli si può credere, perché confessarlo non va a suo vantaggio - Savona veramente non si aspettava la reazione dell’Europa. E infatti si è talmente preoccupato da invitare tutti a non commettere, dopo il primo errore - quello della sottovalutazione - il secondo errore, quello di tirare diritto (e non “diritti”, come dice Salvini, che non distingue un aggettivo da un avverbio). Bisogna assolutamente correggere la manovra. “E cambiare governo”, ha aggiunto per soprammercato.

Questi i fatti. E allora torna l’interrogativo: come è possibile che un illustre economista non abbia previsto ciò che tutti hanno previsto? Come non si è accorto che il rialzo dello spread colpisce noi e soltanto noi? La conseguenza è stata ovvia: nel momento in cui un imbecille salta volontariamente fuori bordo, chi si trova al sicuro si dice: “Peggio per lui”. E infatti gli altri membri dell’eurozona – assolutamente tutti - ci hanno subito mollati.

Forse è proprio questa, la sorpresa. Savona pensava che o i mercati non si sarebbero allarmati oppure che, se ciò fosse successo, il fenomeno avrebbe investito anche gli altri. Invece, con lo spread oltre trecento, siamo nei guai soltanto noi. L’Unione ha dunque pensato che, in caso di disastro, non ci sarebbe l’effetto domino. Dunque noi, per giocare ai “duri”, non potevamo scegliere momento peggiore.

La differenza fra Savona e i pentastellati, per non parlare di Salvini, è che il professore accetta di aprire gli occhi sulla realtà e per questo, a costo di fare una figura di melassa, ha fatto ampiamente marcia indietro. Gli altri invece - quelli che prima si sono illusi quanto lui e più di lui - non hanno né la sua chiarezza di visione, né la sua umiltà, né soprattutto il coraggio di ammettere l’enorme errore.

Savona rimane inescusabile ma almeno ama l’Italia più del suo proprio prestigio. Mentre i leader del M5S e della Lega pensano solo al loro personale consenso e si comportano, dal punto di vista economico, da incompetenti e da irresponsabili.

 

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