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Politica
Governo, i parlamentari e la paura della crisi: Ma che stanno a fa' quei due?"

Montecitorio, 18 aprile 2019, Giovedì Santo. Ore 16 del pomeriggio. In attesa dell'esodo dei trolley per le sospirate vacanze pasquali, tra i deputati di maggioranza e opposizione serpeggiano paura, ansia, quasi angoscia. La lite tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini sui casi Siri e Raggi terrorizza i parlamentari, in particolare i giovani, quelli di prima nomina che solo da un anno hanno scoperto i privilegi e il lauto bonifico garantito dall'appartenenza alla casta del Palazzo. "Ma che stanno a fa' quei due?", afferma un neo-deputato pentastellato romano uscendo dalla Buvette con ancora le labbra sporche di caffè. Quei due, ovviamente, sono i vicepremier, ovvero il capo politico del Movimento 5 Stelle e il segretario della Lega. L'impressione confermata da chi bazzica in Translatlantico da diversi lustri è che la stragrande maggioranza dei deputati (e a Palazzo Madama la situazione non è diversa) non abbia alcuna voglia di una crisi di governo che porterebbe quasi sicuramente al ritorno anticipato alle urne.

In molti nella maggioranza sottolineano una stranezza, cosa mai accaduta prima d'ora: "Il governo litiga e si pesta su agenzie e social, noi qui in Parlamento andiamo d'accordo". E ricordano che solo ieri 5 Stelle e Lega hanno votato in maniera compatta la risoluzione sul Def, scritta in tandem dai capigruppo Francesco D'Uva e Riccardo Molinari (tra i quali c'è "piena collaborazione" e "ottimo rapporto personale"), che afferma due cose fondamentali: no all'aumento dell'Iva e niente patrimoniale. Senza dimenticare l'intesa che ha visto la nomina di Laura Castelli e Massimo Garavaglia commissari della spending review.

Insomma, sui fatti, sui provvedimenti concreti l'accordo si trova e si va avanti, come è già accaduto superando numeri scogli (vedi Tav, aborto/famiglia e legittima difesa solo per citare qualche esempio). Ma il cannoneggiamento continuo partito di buon mattino con l'attacco pentastellato al Carroccio su Siri, in particolare con il ritiro delle deleghe da parte del ministro Danilo Toninelli, e poi con la vendetta studiata a tavolino e ordinata da Salvini ai suoi colonnelli nel pomeriggio contro la sindaca di Roma Virginia Raggi, hanno mandato in panico moltissimi deputati, anche delle minoranze.

Il Pd, reduce dalla scandalo sanità in Umbria con le dimissioni della Governatrice Catiuscia Marini e con i renziani sul piede di guerra per le aperture di Nicola Zingaretti a Mdp, non è assolutamente pronto per le elezioni. Ma nemmeno Forza Italia, alle prese con l'emorragia dal partito e con il caso di Elisabetta Gardini che potrebbe essere soltanto il primo di una lunga serie.

Gli unici a invocare il voto subito sono quelli di Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni, che non a caso gongolano per la lite continua nella maggioranza e, anzi, appena possono fanno di tutto (giustamente essendo opposizione) per mettere in difficoltà il governo del Cambiamento. Fatto sta che soprattutto i peones, ovvero i deputati pressoché sconosciuti che non sono mai apparsi in tv nei blasonati e spesso noiosi talk show, non vogliono andare a casa. Qualcuno malignamente sussurra anche perché non tutti sono professionisti o manager, quindi se perdessero la poltrona in Parlamento il loro reddito si ridurrebbe improvvisamente e drasticamente, senza dimenticare chi, appena arrivato a Roma, ha comprato casa accendendo un mutuo con la banca.

Ansie, paure, preoccupazioni e la speranza che il premier Giuseppe Conte riesca a trovare la quadra di bossiana memoria o che Di Maio e Salvini la smettano di litigare e tornino a lavorare per l'Italia e gli italiani. Un parlamentare 5 Stelle del Sud (Campania) scherza e prende in prestito una battuta del celebre film di Lino Banfi del 1986 'Il commissario Lo Gatto': "Entrando in commissariato e vedendo il caos affermò: 'Ma questo non è un commissariato, è una compagnia di varietà'. Ecco, ora potremmo dire che questo non è un governo, ma una compagnia di varietà".

Battute a parte, i fatti, come l'approvazione definitiva del Dl Crescita e del decreto sul commissariamento della Sanità della Calabria, dimostrano che M5S e Lega se vogliono trovano l'intesa e sanno decidere. La speranza dei parlamentari con il trolley in mano e pronti ad abbuffarsi di colomba e uova di Pasqua è che Di Maio e Salvini la smettano di litigare e non pronuncino più la parola che tanto li spaventa: crisi. Non solo per i mutui e i privilegi da parlamentare, ma soprattutto per la necessità di stabilità che ha il nostro Paese, ovviamente…

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