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Politica
Governo, il diabolico piano di Renzi: lo "sconfitto" che tiene tutti in pugno

Il Pd è uscito ridimensionato dalle elezioni del 4 marzo e Matteo Renzi ha dovuto rinunciare alla carica di segretario dem. Ma in questo scenario che apparirebbe a prima vista desolante per il Partito Democratico, non ci si può non rendere conto che tale partito resta quello determinante nella soluzione del "Paradosso di Condorcet" creatosi con il voto. Paradosso che vede i vincitori non avere i numeri per governare.

Malgrado non sia tra quei vincitori, il Pd continua a essere sulla bocca di tutti gli attori politici; il Pd è tirato per la giacchetta da osservatori, commentatori e politologi affinché decida di appoggiare il m5s o al contrario perseveri a non volerlo sostenere; il Pd sarà il convitato di pietra di ogni futura consultazione.

Chi lo voleva ridotto a mero spettatore delle mosse future per la formazione di una maggioranza se lo ritrova nei panni dell'attore protagonista, o perlomeno in quelli di comprimario che ruba la scena a chiunque. E ovviamente c'è qualcuno che aveva previsto ogni cosa e che, fin da prima delle elezioni, ha manovrato acciocché questo fosse l'esito più sicuro in caso di sconfitta.

Quel qualcuno è naturalmente Matteo Renzi, che - lungi dall'essere fuori dai giochi - è assurto a essere l'ago dell'ago della bilancia. Altro che "ebetino" come lo definiscono "delicatamente" coloro che adesso vorrebbero il sostegno del Pd, altro che Mister Bean italiano, Matteo Renzi è un autentico genio del male (o del bene a seconda dei sentimenti che si provano per lui). 

Intuendo anzitempo la disfatta del Pd alle elezioni o paventandola, con un colpo da maestro ha blindato le candidature dando vita a un futuro parlamento composto perlopiù da renziani fedelissimi; renziani fedelissimi che - vinte o perdute le elezioni - lui avrebbe comunque comandato a bacchetta. Quegli stessi renziani fedelissimi, per giunta, continuano a essere leali al Renzi non più segretario, ovvero al Renzi in panchina ma non certo in pensione. Con la reggenza di Maurizio Martina, non si esaurisce infatti la perpetuazione del "renzismo" e, ovviamente, Matteo brigherà affinché il nuovo segretario sia un suo uomo o una sua donna di fiducia. Nel frattempo, i senatori e i deputati dem eletti, per la stragrande maggioranza renziani doc, non faranno un passo senza il benestare occulto del loro mentore.

Insomma malgrado la sconfitta, almeno nel prossimo futuro in seno al Pd continuerà a non muoversi foglia che Renzi non voglia. Un piano diabolico che Machiavelli non avrebbe saputo consigliargli meglio

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