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Politica
Governo, il Palazzo e la tentazione antidemocratica

Il tempo passa inesorabilmente: il 4 marzo è un data sempre più lontana e il Palazzo comincia a lavorare dietro le quinte. In attesa, infatti, che cominci il secondo giro delle consultazioni, il ruolo del presidente della Repubblica diventa sempre più importante, ma anche le macchinazioni si fanno sempre più pressanti e pericolose.

La soluzione all’attuale stallo politico verrà fuori dalla politica, naturalmente, ma dovrà necessariamente passare sotto l’egida del Quirinale, a cui l’iter istituzionale è affidato. È in questo quadro, nel quale le due forze politiche vincenti, Centrodestra e M5S, non trovano una quadra, che il PD sta ritrovando un suo spazio attivo, una sua vitalità, nonché antiche e mai sopite ambizioni di potere.

È stato Luigi Di Maio a riesumare quel che resta della quasi demolita area progressista, aprendo, con la logica dei due forni, ad un’eventuale disponibilità di Governo perfino con l’odiato e quasi rottamato Matteo Renzi.

Non ci dimentichiamo, pure nella presente fluida e incerta situazione, le antiche tentazioni lobbiste e gli atavici vizi europei. Il potere che conta, soprattutto quando non appare, è particolarmente attivo ed attento ad infilarsi negli anfratti lasciati vuoti. Per questa ragione non si può escludere la tendenza in atto, anche a livello internazionale, a voler congelare l’esito democratico delle elezioni per far uscire l’ennesima soluzione artificiale, magari coadiuvata proprio da chi dell’establishment si presenta come la maggiore insidia: il M5S.

I margini operativi di Sergio Mattarella sono grandi, anche se tuttavia l’ultima parola spetta sempre al Parlamento. In tal senso la preclusione ad un dialogo costruttivo con Forza Italia sta spingendo i Grillini verso una trappola che potrebbe essere fatale, soprattutto per il Paese. In calendario, d’altronde, vi sono le amministrative. Il Centrodestra non può pensare in alcun modo di scindere una coalizione sulla cui base si fonda la stabilità di tutto il Centronord, muovendo dalla probabile vittoria in Friuli Venezia Giulia.

Anzi, a colpire positivamente è la coerenza con cui Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega stanno tenendo la barra dritta, non disperdendo il capitale elettorale guadagnato e l’investimento politico innestato come acconto popolare per il futuro. Mentre stupiscono, in senso contrario, i pregiudizi che stanno spingendo i Pentastellati nel pantano, una tela avvolgente da cui potranno beneficiare unicamente le solite minoranze che contano e i consueti interessi parassitari, estranei ai destini degli italiani.Il nostro Paese non ha rivelato alle scorse elezioni un assetto variabile e transitorio, ha mostrato invece con coraggio e dignità che vuole ed esige un cambiamento che passi attraverso maggiore democrazia, premiando un Centrodestra unito al Nord ed affidando un grido di aiuto ai Grillini al Sud.

Tradire questo processo di discontinuità significherà inevitabilmente non soltanto riesumare chi ha perso, ma perdere il contatto con gli elettori che hanno fatto vincere i vincitori, deludendone inesorabilmente le legittime attese. La speranza è sempre l’ultima a morire. E in questo frangente occorre consegnare gli auspici al senso dello Stato di Sergio Mattarella, ma ancor più alla responsabilità democratica di chi dovrebbe ricordarsi che rappresenta la nazione e non soltanto se stesso.

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