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Politica
Governo M5S-Lega perché cresce il consenso. Il popolo è contro l'establishment
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Governo M5S-Lega, perché cresce il consenso? 

 

Come è possibile che da settimane proprio tutti, dai giornali alle tv italiane, da Confindustria alla finanza internazionale, fino alle autorità europee o ai ministri di singoli Paesi del continente, bombardino a palle incatenate il governo M5S-Lega che non ha ancora legiferato un giorno? E più lo fanno più queste forze crescono nei consensi!? (E' successo lo stesso prima del voto del 4 marzo)

Addirittura appare fondata la notizia, rilanciata dal sito Dagospia, che le pulci al curriculum del premier incaricato Giuseppe Conte rilanciate da tutti i giornali le abbiano fatte i servizi segreti di un Paese amico che non vedendo di buon occhio l'alleanza giallo-verde ha messo in piedi un fact checking in tutte le università citate dal professore. Un clima corrosivo che si era visto forse solo nel 1994 con l'avvento di Berlusconi in politica.

Ma perché cresce il consenso di M5S-Lega? Perché da tempo nel rapporto tra establishment e gente comune del Belpaese qualcosa si è rotto irrimediabilmente. Il racconto della realtà fatto finora da chi ha il potere di rappresentarla, dai media come dalle forze politiche che sono state egemoni per anni, appare logoro, vecchio, non veritiero e manipolato alla fonte. Addirittura i copioni dei programmi tv che più reggono gli ascolti appaiono consunti, inadeguati, nel migliore dei casi mero intrattenimento, non in grado di rispondere alle domande profonde: Riuscirò ad avere un futuro decente? A curarmi? Potrò far studiare i miei figli? L'Italia tornerà ad essere un Paese in cui lavorare?

Nel paese diffuso, in due decenni è crollato il potere d'acquisto degli italiani (alcuni analisti sostengono che ci vorranno 20 anni di crescita per ricostruirlo) e interi settori industriali sono scomparsi. E di certo negli ultimi anni i partiti hanno peggiorato la vita degli italiani, con l'inedia o alterando un contesto pubblico già da incubo, con balzelli e regole deliranti che ingrassano la burocrazia dello Stato e ammazzano l'operosità del singolo.

“A nessuno frega un cazzo della vita che facciamo noi plebe”, mi ha risposto un oste di Bologna pochi giorni or sono mentre provavo a domandargli perché avesse espresso un voto antisistema apparentemente contraddittorio, al M5S alla Camera e alla Lega (centrodestra) al Senato. “ Noi siamo in perenne guerra col prossimo stronzo che vive al gradino più basso della scala sociale. E' questa la differenza tra i politici del passato e quelli di oggi! A questi non frega un cazzo!”. Le sue parole erano un confuso miscuglio di risentimento e mancanza di prospettive ma che di sicuro facevano emergere un punto: La politica non cambia più la vita delle persone, chiunque vada al governo. La politica cambia solo la vita di chi fa politica, non della gente comune.

I media italiani, quasi tutti sempre uguali a se stessi, costruiscono la realtà in cui viviamo. Oggi in più, notorietà, in massima parte televisiva, fa rima con establishment (sei casta!). Cioè quel settore che la realtà l'ha creata viene ritenuto, anche molte volte a torto, corresponsabile della crisi, la corruzione, la decadenza generale, la mancanza di prospettive ed ogni genere di stortura. Analisi spesso grossolana e fatta di risentimento ma che parte dalla pancia non più contenibile di un Paese in profonda crisi.

Nei vertici dei grandi media romani e milanesi che raccontano la realtà ci sono persone colte che vivono isolate nel loro castello inespugnabile di ricchezza e amano stare di fianco a chi comanda davvero. Criticano gli altri ma spesso fanno un lavoro che serve solo a consolidare il loro potere, dimenticando la sporcizia che hanno in casa. Non raccontano la realtà, la manipolano, a volte anche involontariamente perché protetti dalla bolla artificiale in cui vivono, in un ambiente controllato, lontano dalla marmaglia. Ma per sentire la realtà bisogna proprio stare tra la marmaglia, farne parte, dissotterrare i fatti e farli parlare. Oppure scegliere di continuare a rappresentare la realtà con un racconto non autentico.

“Ma questi sono ipocriti, irresponsabili e pure teleguidati”, mi ha detto qualche giorno fa un amico analista politico, “come fai a credere alle promesse dei 5 Stelle, neanche indicano dove prenderanno i soldi per fare quanto promesso!”. Ma infatti il problema non è credere. I dubbi radicali sulle loro scelte li ho raccontati ogni volta dalla nascita del movimento, finendo spesso in tribunale, dove ho sempre vinto (anche grazie al mio avvocato Domenico Morace) come quando, nel silenzio coraggioso di tutti i media mainstream, raccontai che candidavano per delle elezioni un “capolista vicino ai boss” della 'ndrangheta. Non è infatti una questione di fede, di crederci o meno, ma di fatti.

La gente continuerà a votarli. E di più voterà la Lega, in ascesa radicale, perché appare più solida e al tempo stesso antisistema.

Se falliranno saranno spremuti come limoni quanto i precursori (chi può dimenticare l'entusiasmo di consensi che circondava Matteo Renzi alla sua ascesa al potere; vedete come è finito) e si passerà a qualcosa di nuovo in grado di attrarre altre persone che coltivano lo stesso sogno.

Per l'oggi solo il governo sarà la prova del nove per il M5S e la Lega. Nel nostro tempo chi governa perde sempre, non perché non mantiene le promesse roboanti lanciate in campagna elettorale (non siamo idioti: sappiamo tutti come funziona la politica) ma perché non cambia la vita delle persone. Non la cambia più. Sarà questa la vera sfida di questi due movimenti: mettere in moto un cambiamento tangibile o riprodurre il già visto e perdere come tutti gli altri, trincerandosi poi nell'ennesimo racconto non autentico della realtà.

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