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Politica
Governo, slittano le semplificazioni: scontro Pd-5S su appalti e condono

Al termine della giornata di ieri, 1 luglio, il premier si era sfogato sui social: “Sento polemiche e ricostruzioni assurde, ma io sono qui che combatto per realizzare i fatti. Grazie alle semplificazioni e al ‘metodo Genova’ sugli appalti pubblici, noi cambieremo il Paese”.

Ma portare il decreto Semplificazioni, che per Conte è “la madre di tutte le riforme”, all’esame del Consiglio dei ministri entro la settimana, come vorrebbe il premier, sembra ormai impossibile, se non verranno prima sciolti i nodi di contrasto all’interno della maggioranza.

Condono edilizio e modello Genova

Al momento, l’unico “risolto” sembra quello del condono edilizio che, con l’opposizione di Leu, Pd e Italia Viva, sarebbe stato espulso dalla bozza di 48 articoli. Restano però gli scontri su appalti, abuso d’ufficio e danno erariale.

Se ne discuterà oggi 2 luglio a Palazzo Chigi, dopo che ieri, come riporta il Corriere della sera, la maggioranza si è divisa nel pre-consiglio, con i Cinque Stelle e Italia Viva, in linea con Conte, che premevano per accelerare la sburocratizzazione, sul “modello Genova”, con commissari straordinari e un elenco di opere da portare avanti in tempi record, mentre Partito Democratico e Leu si sono mostrati più prudenti.

La lite Orlando-Bonafede

Il capogruppo renziano Davide Faraone non ha usato mezzi termini: “Le volete o no queste semplificazioni? Se siete contro, meglio dirlo subito”, sostenuto dal sottosegretario Giancarlo Cancelleri (M5S) che ha ricordato come sia “urgente sbloccare le opere perché i cittadini ce lo chiedono”. A questo punto, però, l’ex ministro Andrea Orlando, e vicesegretario del Pd, ha ricordato che “non siamo in campagna elettorale”, attirandosi la risposta piccata di Alfonso Bonafede: “Se lo dite voi va bene, se lo diciamo noi è propaganda?”. Orlando, secco, ha replicato: “Per me la riunione può finire qui”.

A quel punto Giuseppe Conte ha cercato di placare gli animi: “Questo decreto è cruciale per la ripartenza, se vogliamo che rimetta in moto i cantieri dobbiamo crederci davvero”. Ma il problema è che forse ormai è il Partito Democratico a non credere più nel Presidente del Consiglio, tanto che qualcuno sembra aver avanzato un’ipotesi: “Presentiamo una risoluzione sul Mes in aula al Senato e vediamo chi ci sta. Se passa, bene, altrimenti si va tutti a casa”.

 

 

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