Grillo: elogio della povertà (fatto da un ricco)
Grillo e Parise uniti nella povertà
Il post natalizio di Beppe Grillo sul suo blog ha in questi giorni deflagrato sul web con il fisiologico ritardo festivo dovuto ai panettoni che anche i giornalisti “stampati” hanno consumato in abbondanza e ora fa divampare una singolare polemica mediatica, intrisa di interpretazioni filosofiche, in genere non comuni nel M5S.
Partiamo dal fatto che una “fenomenologia” compiuta e ragionata del fenomeno - Grillo non solo è complessa ma è ancora molto al di là da venire essendo tra l’altro il soggetto ancora in piena attività e quindi si possono solo di volta in volta riportare considerazioni e proporre interpretazione “a caldo”.
Grillo propone un articolo, “Il rimedio è la povertà” del 30 giugno 1974 (l’anno del referendum sul divorzio), dello scrittore e giornalista vicentino Goffredo Parise (autore, tra l’altro di uno dei primi best seller della letteratura italiana del secondo dopoguerra, “Il prete bello”).
Partendo dall’idea che quello che scrive Parise sia il pensiero di Grillo possiamo svolgere alcune considerazioni.
“Natale = povertà” è una equazione funzionale che ci sta; il Natale richiama Gesù bambino che nacque in una mangiatoia perché povero e quindi Grillo ha trattato il tema della povertà proiettandolo però quasi subito sul consumismo che della povertà è l’opposto.
Il comico genovese quindi, per interposta persona (Parise), si scaglia contro il consumismo e immagina di venire attaccato sia da destra che da sinistra. La destra è ovvio perché quella della povertà si tratta di una Weltanschauung legata alla produzione e proprio al consumo che si fa spesso consumismo; da sinistra meno ovvio (soprattutto più di 40 anni fa) ma alla luce della attuale trasformazione “liberal” ci può stare e poi c’è sempre la corrente “pane e rose” (frase celebre tratta da un discorso della femminista socialista americana Rose Schneiderman) che rivendica, da sinistra, il consumismo, le “rose”, oltre il livello minimo di sussistenza, “il pane”.
Il concetto in sé non è riprovevole ma Grillo, come spesso gli capita, commette, a mio vedere, un paio di incongruenze alcune sul piano sintattico- filosofico altre sul piano personale.
Vediamo le prime.
Parise/Grillo scrive:
Povertà non è miseria, come credono i miei obiettori di sinistra. Povertà non è “comunismo”, come credono i miei rozzi obiettori di destra.
Giusto, ma con una sostituzione. Più che il termine “povertà” sarebbe meglio utilizzare il termine “frugalità” che è meno carico di significati estremali di tipo ideologico e più consono ad una visione “moderna”, spesso citata anche da Papa Francesco e che ha la sua origine del Concilio Vaticano II.
Prosegue Parise/Grillo:
Povertà è una ideologia, politica ed economica. Povertà è godere di beni minimi e necessari, quali il cibo necessario e non superfluo, il vestiario necessario, la casa necessaria e non superflua. Povertà e necessità nazionale sono i mezzi pubblici di locomozione, necessaria è la salute delle proprie gambe per andare a piedi, superflua è l’automobile, le motociclette, le famose e cretinissime “barche”.
E poi ancora
Povertà significa, insomma, educazione elementare delle cose
Io credo che, in alcune situazioni, depotenziata dal suo valore negativo e promossa a categoria dell’Essere la “povertà” nell’accezione di “frugalità” possa avere una sua ragione di esistere ma…
E qui veniamo alla seconda incongruenza.
Grillo è un ricco che ha uno stile di vita “Yacht & ville” che è assai lontano dallo stile di vita dell’italiano medio e soprattutto del grillino medio, spesso disoccupato e precarissimo.
Dunque i commenti ironici sulla rete si sono sprecati.
Ma voglio, una volta tanto, spezzare una lancia a favore di Grillo.
Il comico genovese è una persona che pare vivere in grandi contraddizioni e il suo oscillare tra destra/sinistra, ricchezza/povertà, religione/ateismo, “Bene”/”Male” lo dimostra.
No so quanto lo stesso Grillo sia consapevole di questa sua particolare natura psicologica che in genere è foriera di grandi disagi ma probabilmente è autentica nel senso che Grillo non vuole essere contradditorio lo è per sua natura e quindi la sua “filosofia politica” è necessariamente confusa, ondivaga, instabile, costruita su elementi opposti che si contrappongono hegelianamente e poi si mutano uno nell’altro engelianamente in un continuo e affaticante processo dialettico che lo costringe a salire e scendere compiendo movimenti elicoidali e mai verticali ,”secondo natura” direbbe Aristotele.
In ogni modo suggerisco a Grillo di leggere (o rileggere come ho fatto io in queste vacanze natalizie) un’opera teatrale molto interessante che parla proprio del tema della povertà, della ricchezza, del bene e del male in relazione al potere e cioè “Il diavolo e il buon Dio” di J. P. Sartre.
Il protagonista della vicenda il comandante Gœtz si trova, è nella stessa condizione contradditoria di Grillo e prova diverse alternative ma alla fine… (leggetevi il libro, ne vale la pena).