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Politica
Il caso Lodi e quell’accordo Lega-PD. Stop alla politica scontro ideologico
Regione Lombardia

In questo 2018 che volge al termine, la politica ci ha tenuti inchiodati per mesi sul caso dei bambini di Lodi estromessi dai servizi pubblici perché i genitori risultavano sprovvisti della documentazione accertante la situazione economico-patrimoniale. 

Fin dall’inizio tutta la storia ha assunto per me un sapore amaro non solo per la vicenda in se stessa, ma pure perché essa rappresenta in modo emblematico il segno dei tempi. Come la politica sia cambiata in meno di dieci anni, come le scuole di formazione politica che fioriscono attorno al leaderino di turno insegnino forse a fare propaganda, ma non a governare; come il ruolo dei partiti debba necessariamente tornare protagonista per riaffermare una cultura politica capace di tradurre in fatti l’insieme degli interessi che la società riflette.

Torniamo indietro nel tempo per un attimo allora: nel 2007 la Giunta regioale Lega e Forza Italia approvarono la riforma delle leggi casa sull’edilizia pubblica, un contenuto che causò molti dei danni a cui oggi assistiamo nelle case popolari perché, alla vigilia della crisi economica, con un tempismo eccezionale, finì per decuplicare i canoni di affitto senza efficaci misure legate alla sostenibilità effettiva degli stessi e delle spese condominiali. Come all’epoca qualcuno di noi disse la morosità sarebbe schizzata alle stelle e, considerato il fatto che le risorse per le manutenzioni ordinarie derivano a tutt’oggi dai canoni pagati dagli inquilini, anche il degrado edilizio sarebbe cresciuto.

Tutto avvenne esattamente come previsto e ancora oggi, dopo molti costosi accorgimenti per rimettere mano a leggi non efficaci, nessuno, tranne il Corriere della Sera, pone con trasparenza il tema di come si finanzia la gestione della casa sociale (un tempo c’era la tassa GESCAL).

In ogni caso per tornare a Lodi, anche la legge che si approvò allora imponeva a tutti di produrre i documenti attestanti il patrimonio mobiliare e immobiliare non soltanto per determinare l’accesso alle prestazioni pubbliche ma persino per “tassare” ai fini dell’attribuzione del canone i risparmi dei cittadini. Naturalmente chi non produceva la documentazione finiva in fascia massima o fuori dall’accesso al servizio abitativo. Bisogna anche considerare le difficoltà degli organi preposti ad accertare in taluni Paesi le effettive certificazioni.

Ovviamente coloro che provenivano da Paesi extra UE non riuscendo ad avere la documentazione (perchè le case non sono accatastate e perché i risparmi vengono gestiti in modo differente che da noi) finivano nei fatti penalizzati; ma non solo loro: contemporaneamente lo erano tutti i cittadini che avevano risparmiato. In sostanza la filosofia della norma all’atto pratico produceva che se risparmiavi rinunciando a qualcosa, finivi per pagare di più. Chi ci guadagnava? Furbi e delinquenti che non mettono certo risorse sul conto corrente. Bisogna anche considerare le difficoltà degli organi preposti ad accertare in taluni Paesi le effettive certificazioni di chi qualcosa pure riusciva a produrre.

Tuttavia votata la legge nel 2007, non ci perdemmo d’animo allora e costruimmo un’interessante interlocuzione Lega Lombarda - PD, l’intero gruppo della Lega Lombarda e il PD rappresentato allora da Carmela Rozza e Carlo Porcari. Ci sostennero poi anche Bordoni di Forza Italia, i verdi Fedreghini e Monguzzi e infine pure Mulbhauer.

Per me la politica è quanto avvenuto in quel momento: un accordo di mediazione.

Ponemmo il tema a Davide Boni allora Assessore all’urbanistica e al Presidente del Consiglio regionale Giulio De Capitani: non era possibile penalizzare e tassare i modesti risparmi dei cittadini per bene e proponemmo loro un emendamento per una franchigia sul patrimonio mobiliare pari alla somma di due liquidazioni medie (moglie e marito) e una sul patrimonio immobiliare (una casetta di modeste dimensioni con valore ai fini ici fino ad una certa soglia che rappresentava la tipologia media di piccolo patrimonio ereditato e non certo investimenti immobiliari).

I leghisti coinvolsero prima l’intero gruppo regionale e l’allora Presidente di Aler, facemmo una riflessione insieme per tutto un pomeriggio finché ciascun consigliere convenne che la nostra proposta era di buon senso. Non finì lì perché i leghisti dovettero chiedere al partito l’assenso e la questione giunse sul tavolo di Giorgetti all’epoca Segretario della Lega Lombarda. Ricordo quel giorno come fosse ieri, sapevo che si doveva tenere una riunione in Bellerio ed ero emozionata per l’esito. In realtà a quanto pare fu tutto molto veloce: il braccio destro di Giorgetti, se così si poteva chiamare l’Aldo, spese poche parole “il Segretario nazionale la pensa come l’Assessore e il Presidente del Consiglio regionale”. Punto e a casa.

L’emendamento venne approvato perché la Lega concordò con Forza Italia di presentare il nostro emendamento e farlo approvare. Ovviamente informai il capogruppo PD Porcari di tutto e lo stesso fece Rozza con i verdi e la sinistra radicale.

In poco più di 12 mesi si modificarono le leggi casa in 3 punti precisi.

Ecco forse il caso Lodi non ci sarebbe stato se avessimo ascoltato di più il Presidente Emerito Napolitano e se avessimo lavorato di più sulla memoria storica e sull’orgoglio della politica come potere capace di risolvere problemi e non di crearne, costringendo altri poteri dello Stato ad intervenire per far rispettare la Costituzione.

E’ finita qui? No, non è finita qui. Da capo di Gabinetto dell’Assessore alla sicurezza del Comune di Milano avviammo proprio sul tema delle leggi del nostro Paese un’intensa attività con i consolati che portò il Sindaco Sala a sottoscrivere, con l’assenso del dipartimento esteri della Presidenza del Consiglio e del Ministero degli Interni, un accordo volto a promuovere nei Paesi di origine la diffusione e la conoscenza delle leggi italiane; da lì sarebbe dovuto poi discendere un ulteriore terreno di confronto con la Farnesina, poiché nelle direzioni territoriali del Ministero sono previsti funzionari delle Regioni ma non dei Comuni. E banalmente se registriamo, come è, un significativo afflusso di investimenti privati diretti sull’Africa (persino il Capo del governo Austriaco ha elogiato imprese come la Siemens che operano in tal senso), è del tutto evidente che il ruolo dello Stato italiano, e dei Comuni, nella modernizzazione della Pubblica Amministrazione dei Paesi africani può essere importante. Pubblica Amministrazione significa catasto, anagrafe, archiviazione dei certificati, trasmissione degli stessi tramite posta elettronica certificata etc. 

Certo è un processo lungo, ma riuscì nei Balcani al tempo di D’Alema. Forse può rappresentare nel tempo un'ulteriore rafforzamento del ruolo di dialogo nelle relazioni internazionali del nostro Paese oltre che un elemento di supporto alle imprese e alle ONG che in Africa operano.

Auguri alla politica perchè nel 2019 abbandoni la strada dello scontro ideologico e si riappropri in pieno del ruolo che le spetta: risolvere i problemi all'atto pratico.

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