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Politica
Il crollo del ponte a Genova e l'attacco ai principi dello Stato di diritto

 

Il crollo del ponte a Genova impone a tutti noi una profonda riflessione sulla necessità dei controlli per la prevenzione e la valutazione del rischio sulle nostre grandi opere. A me pare fuori luogo la frase "non possiamo aspettare i tempi della giustizia" soprattutto se detta da un uomo di Stato. Mi lascia perplesso l'assunzione di un ruolo di condanna preventiva, fra l'altro elidendo la funzione dell’autorità giudiziaria. Non mi convince questo modo di agire che non parte da questa catastrofe ma ha origini ben più lontane. Sembra si voglia destrutturare lo Stato di diritto e  svuotare i suoi dispositivi di mediazione sociale. Prima c’era chi la Costituzione voleva scardinarla dall’interno (usando comunque lo strumento referendario), oggi l’opera demolitoria sembra partire dall’esterno (con un attacco subdolo e non proprio democratico). Mi riconosco, invece, nella decisione del presidente della Camera Roberto Fico di chiedere scusa agli italiani in nome dello Stato. Il suo è un comportamento da uomo delle istituzioni. Ciò che mi preoccupa, invece, è il minacciare una revoca di contratto (che potrà anche essere giusta in astratto) senza che vi sia un minimo d’istruttoria introducendo automaticamente una sfiducia verso i giudici e la giustizia. Caro Presidente, il faro per ritrovare la rotta verso il porto è la Costituzione.

E’ una bussola che porta direttamente verso il rispetto dei principi dello Stato di diritto. Le trasformazioni in atto, particolarmente virulente all'interno del nostro Paese, stanno ridisegnando un ordinamento giuridico che conduce sempre più verso la restrizione delle garanzie costituzionali e dei diritti sociali e politici. Il problema è dato dal funzionamento complessivo, ordinario, quotidiano dell'intero impianto giuridico-istituzionale e dei suoi fondamenti ideologici, sempre più disfunzionali rispetto ai tempi, alle dinamiche, alle necessità ed ai processi decisionali che si determinano all'interno della società. “Supponiamo – scriveva Mao Tse Tung – che il nostro compito sia di attraversare un fiume. Non lo realizzeremo senza ponti né barche. Fino a quando la questione del ponte e delle barche non sarà risolta, a cosa serve parlare di attraversare il fiume?”. Nel nostro Paese vige un sistema di garanzie e di contraddittorio anche, nelle ipotesi di provvedimenti di urgenza. Ma tutto questo va valutato senza arrivare all'inversione dell'onere della prova a prescindere dall’accertamento dei fatti. Può essere che la revoca ad Autostrade S.p.a. sia fondata su elementi solidi e acquisiti, ma formulare questa ipotesi senza prima di accertare le dovute responsabilità a me pare a dir poco azzardato. Dobbiamo misurarci con il nostro presente che è complesso ma che può trovare la sua risoluzione nelle garanzie costituzionali per evitare che in futuro il tema della “emergenza democratica” sia il mezzo per scardinare le fondamenta dello Stato di diritto.  La crisi sarà tanto più grave quanto più il diritto non solo sarà violato in via di fatto, ma sarà ripudiato anche in via di principio. Per riprendere la “retta via” e ristabilire il primato del diritto, non bastano i politici ma occorrono i cittadini. Mi piace chiudere queste bervi riflessioni con il pensiero della povera moglie di Marmeladov in Delitto e castigo di Dostoevskij che, pur vivendo in uno squallore al limite dell’immaginazione, scesa sulla strada urlava: “C’è una giustizia ed io la troverò”. Ecco io la penso come lei: esiste una giustizia e sono certo che le vittime del crollo del ponte a Genova hanno il diritto di ottenerla e credo la otterranno ma non come vendetta ma nel rispetto delle regole e dei principi del diritto.  

(Vincenzo Musacchio, giurista)

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