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Politica
Il dramma politico e umano di Fini

La vicenda che ha portato all’arresto di Francesco Corallo, il “re delle slot” e di Amedeo  Laboccetta, ex parlamentare del Pdl, nell’ambito dell’inchiesta “Rouge e Noir” coordinata dal procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, ha risvolti umani e  politici rilevanti perché sono indagati per riciclaggio, peculato e violazioni delle norme fiscali (commessi nel 2009) anche il fratello e il padre di Elisabetta Tulliani, attuale compagna  di Gianfranco Fini, ex Presidente della Camera.

Nel 2010 la stampa ed in particolare Vittorio Feltri, direttore allora de Il Giornale, mise nel mirino proprio l’ex leader di Alleanza Nazionale per la vendita sospetta sottocosto di una casa a Montecarlo, lasciata in eredità al partito.

La vicenda è complessa.

Francesco Corallo figlio di Gaetano Corallo (vicino al boss Nitto Santapaola di Catania) è conosciuto come il “re delle slot - machine” e del gioco on - line.

L’accusa nei suoi confronti è quella di aver sottratto al fisco ben 216 milioni di euro in due tranche, la prima di 131 milioni di euro e la seconda di 85 milioni di euro che poi avrebbe riciclato all’estero e una parte in Italia.

Per il filone nostrano l’accusa è quella di aver versato 2.7 milioni di euro sul conto dei Tulliani che, a loro volta, avrebbero utilizzato 327.000 euro per acquistare la famosa casa a Montecarlo da Fini.

La valutazione è assolutamente al di sotto il valore di mercato tanto che qualche anno dopo Giancarlo Tulliani la rivendette a ben 1 milione e 360.000 euro realizzando un grande plus valore per una casa che risultava intestata alla sorella Elisabetta.

Ma non è finita qui perché il meccanismo nell’impianto accusatorio è ancora più complesso e qui entra in gioco una seconda volta l’ex Presidente della Camera che potrebbe avere “agevolato” l’emissione di un decreto per favorire il Corallo, decreto che effettivamente vide la luce grazie all’azione politica dell’allora Deputato Laboccetta.

Dunque Fini potrebbe aver avuto un doppio ruolo: il primo vendere sotto costo -come diceva Feltri- l’abitazione ereditata dal partito e l’altro aver aiutato politicamente per il decreto che favoriva Corallo.

Fini si è detto subito basito ed esterrefatto delle accuse.

Per quanto riguarda la prima, e cioè la vendita della casa acquistata con i proventi dell’Iva sottratta allo Stato ha detto di essere stato ingannato dal fratello della compagna e che non sapeva neppure che poi l’abitazione fosse stata intestata al suo partner Elisabetta e madre dei suoi figli.

Per quanto riguarda la seconda e cioè il suo possibile ruolo politico nell’agevolare l’emissione del decreto ha detto che non aveva alcun potere come Presidente della Camera.

La difesa appare assai debole.

Come poteva infatti non sapere Fini delle manovre del “cognato” ed in ogni caso come poteva non sapere che la casa era stata intestata alla compagna che l’avrebbe rivenduta al prezzo di mercato solo qualche tempo dopo?

Fini ha detto -testuali parole- “perché sono un coglione”.

Noi non crediamo che Fini sia un “coglione”, anzi. Dunque resta valida l’ipotesi che sapesse invece come stavano le cose. Naturalmente queste sono solo considerazioni di buon senso e vanno provate in un processo ma non possono non essere fatte.

Anche per l’altra “accusa” e cioè un suo ruolo politico nella vicenda politica la difesa appare debole; infatti il Presidente della Camera ha un forte potere istituzionale se non altro per la calendarizzazione ed inoltre Fini era anche il “capo” politico di Laboccetta che avrebbe agito esecutivamente nella vicenda.

Due considerazioni sulla vicenda sono d’obbligo.

La prima è di natura prettamente politica e cioè l’incredibile parabola che Fini ha compiuto da delfino di Berlusconi nel centro - destra fino a questa ultima vicenda.

La sua unione con Elisabetta Tulliani era stata già molto criticata per il ruolo che la compagna pare avere avuto in questa parabola discendente.

E questo si somma, nell’immaginario della destra italiana, al “tradimento” dei suo i valori fondanti a cominciare dalla sua affermazione fatta durante una visita in Israele dove definì il fascismo “male assoluto” un po’ come Valter Veltroni che disse di “non essere mai stato comunista”.

Insomma -fatto salva la libertà di cambiare idea- sono affermazioni devastanti per i militanti e per chi ha creduto un ideale, giusto o sbagliato che sia.

La seconda considerazione riguarda invece Vittorio Feltri che fu il primo a fare emergere la vicenda e la portò alla attenzione dei lettori con grande impegno e puntiglio.

Come detto, Feltri allora era direttore de Il Giornale e per i suoi articoli ricevetti insulti da Fini (ovvio) ma anche dai colleghi giornalisti, come lui stesso ricorda, tra cui Daria Bignardi, attuale direttrice di Rai 3 alla Invasione Barbariche che l’accusò di aver messo su una macchina del fango per punire Fini del suo litigio con Berlusconi (il famoso, “Che fai mi cacci?”).

In realtà Feltri aveva pienamente ragione ed anzi la vicenda emersa ha connotati ben più inquietanti di quelli che faceva notare a suo tempo Il Giornale.

Nel frattempo il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha chiesto alla Fondazione AN di tutelarsi in sede legale da quanto sta emergendo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tags:
fini;corallo;tulliani;laboccetta





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