Il Pd esteri si tira fuori con una lettera contro Renzi
I circoli esteri del Pd escono dal partito
La recente lettera dei segretari dei circoli esteri di mezza Europa tra cui Svizzera, Belgio, UK, Germania del Pd a Renzi è emblematica di cose che non si devono fare in politica per non darne una immagine ancor più negativa presso l’opinione pubblica.
Da quanto si evince dal testo inviato all’Huffington Post i responsabili di detti circoli non si sentono più rappresentati dal Pd di Matteo Renzi e dalla sua dirigenza e su questo non ci sarebbe nulla da eccepire nell’ambito di una critica politica, seppur sospettosamente tardiva e coincidente con la crisi del renzismo stesso.
Il punto che lascia perplessi, e che apre immediatamente la strada a considerazioni di opportunismo e non ideali, è invece la critica che i segretari fanno della possibilità insita nel Rosatellum 2.0 di candidature all’Estero di chi è residente in Italia.
Ecco il passaggio incriminato (tratto dalla lettera):
“…mentre le sostanziali modifiche di messa in sicurezza del voto all'estero, richieste portate avanti da tutti noi per anni, sono rimaste colpevolmente inevase e inascoltate, la legge elettorale è stata modificata da un lato stravolgendo il principio fondamentale delle prerogative di rappresentanza delle comunità all'estero, permettendo a candidati residenti in Italia di presentarsi all'estero, e dall'altro andando a colpire il principio dell'impegno politico di cittadinanza europea e transnazionale che ci contraddistingue, impedendo a coloro impegnati politicamente nel paese di residenza di potersi candidare a rappresentare le nostre comunità.”
Messa in questi termini la lagnanza pare essere strumentale al fatto che è ora è più difficile ottenere candidature in un “territorio”, quello estero, che è considerato una sorta di feudo personale in cui si ha diritto di primogenitura.
In ogni caso, un ulteriore problema per il Pd che dopo la scissione a sinistra si è sensibilmente indebolito, mentre la gestione del caso Boschi provoca critiche addirittura da fedelissimi.
Era proprio necessaria un’ennesima prova di forza sulla Boschi, cioè la sua ricandidatura, che oltretutto ha avuto anche il “premio” di continuare l’esperienza governativa nonostante la fuoriuscita del suo mentore Renzi?
La storia di Banca Etruria e della relativa commissione parlamentare guidata da Casini ha esacerbato ancor di più -se possibile- gli animi. Forse conveniva a Renzi lasciar correre e non impelagarsi nuovamente nelle paludi stagnanti dell’Etruria, un fatto che brucia ancora vivamente sulla pelle di migliaia di piccoli risparmiatori che hanno visto volatilizzarsi anni di risparmi e sacrifici e certo non aiuta la querela presentata dal Pd stessa a quella risparmiatrice che si lamentava certamente con toni non appropriati, “ladri”, ma che forse meritava comprensione per la vicenda umana.
Matteo Renzi sta seguendo una strada di “lotta e di governo” che non è facile percorrere per il fatto che la gente non è così sprovveduta e si accorge delle inevitabili contraddizioni; con il materializzarsi del temuto “nemico a sinistra” e cioè “Liberi e uguali” che ha arruolato i Presidenti delle due Camere per il Pd la situazione è difficile ed ora occorre tenere insieme quanto è rimasto di quell’ impero del 40% che proiettò Renzi ai vertici nazionali ed internazionali. Renzi se non vuole lasciare il campo libero ai due Poli concorrenti, e cioè Grillo e Salvini, deve avere il coraggio di liberarsi di quelli che furono i primi compagni d’avventura e che ora sono diventati solo zavorre che provocano malcontento ed instabilità.
E magari necessiterebbe anche di rafforzare l’apparato di prima linea e cioè quello comunicativo visto il tracollo iniziato con la sconfitta al referendum dello scorso dicembre e continuato per tutto il 2017.