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Politica
Il ritardo Dem alla Camera, grattacapo per Mattarella

di Silvia Davite

 

L’azione parlamentare dei democratici alla Camera mostra tutte le difficoltà che in alcuni, per la verità, avevano già paventato fin dalla presentazione delle candidature ufficiali per le primarie: dicono che al Segretario Zingaretti vadano prospettando di qua e di là in giro per l’Italia, gruppi di eletti che non riuscirebbero a stare insieme. 

Beh, stando ai fatti se c’è un gruppo in fibrillazione interna e dunque incapace di allargarsi ad altri su alleanze di merito, è quello di Montecitorio.

E alla vigilia della legge di bilancio, nonchè del percorso di approvazione del bilancio europeo, non mi pare una buona notizia per il Presidente Mattarella.

 

Se poi pensiamo che i Democratici hanno annunciato prima la Leopolda ad Ottobre, poi la Conferenza sulle idee a Novembre, mi domando chi possa in qualche modo interloquire con l’On. Brunetta che giustamente rammenta a tutto il Parlamento, Fratoianni compreso, la tempistica delle valutazioni internazionali sull’Italia a far data dal prossimo 9 di Agosto.

 

Il Gruppo PD alla Camera fallisce davanti al voto sul rifinanziamento delle missioni in Libia. Prima ancora, in verità, cade sulla mozione a firma Milano-Salerno dedicata all’Ente europeo dei brevetti, miseramente bocciata perché priva di un percorso bipartisan, di voti nei consigli comunali e regionale. 

 

Il buon De Luca Junior che si impegna moltissimo come riconosciuto da tutti, dovrebbe però sottrarsi davanti a temi che non conosce e soprattutto imparare da quanto accade a casa sua: la concessione definitiva di Pontecagnano è una vittoria di sistema che nessuno ha voluto sacrificare per qualche elemosina di voto in più alle europee. 

 

Milano – Cortina, idem. 

 

Bisogna ringraziare il Presidente nazionale di Confindustria se il sud ha una speranza concreta di crescita; bisogna ringraziare De Luca padre per l’intelligenza con la quale ha saputo fare un passo indietro di visibilità nelle fasi cruciali della trattativa col governo, pur di portare a casa il risultato e intanto per aver fatto approvare, finanziare e cantierizzare una rete di infrastrutture complementari all’aereoporto. 

 

Fu proprio De Luca Sindaco poi ad incentivare la nascita dell'associazione tra i porti di Salerno, Barcellona e Lisbona che forse varrebbe la pena di riprendere alla luce dei dati sulla crescita della Spagna.

 

Quanto ai lombardi dem romani, sull’Ente europeo dei brevetti l’unica proposta di sistema ad oggi è quella, anche qui, delle imprese: cioè del Presidente di Assolombarda Bonomi che vede Milano Lodi come sede possibile, attorno al rilancio del Parco Tecnologico padano in uno sforzo unitario di imprese appunto, cooperazione, università, istituzioni. Una svolta che consentirebbe pure a Piacenza di collegarsi meglio a Milano e alla Città metropolitana di investire su un progetto complessivo attorno all’asse ferroviario che nei prossimi anni potrebbe essere oggetto, a Rogoredo, di un potenziamento dovuto all’alta velocità dalla Svizzera a Genova. 

 

Piano Transnazionale delle Infrastrutture dice nel frattempo Enzo Boccia sul palco di Ravenna Città d’Europa, raccontando come esso, frutto dell’accordo con BDI tedesca e MEDEF francese, sia nei fatti da un lato una proposta di riforma dei trattati, perché tiene insieme crescita e stabilità, dall’altro un rafforzamento dell’Europa federalista perché le infrastrutture collegano periferie a centri, città del sud a quelle del nord come fu per Salerno con Milano, appunto.

 

Tornando alla Libia, alla fine è dovuto intervenire sotto traccia Franceschini per ricomporre i cocci, quando ormai il patatrac era stato compiuto: non ho mai invidiato i giocatori altrui, ma nell’ occasione specifica ho desiderato come capo gruppo Giampaolo Dozzo, un leghista veneto patriota vero. Un uomo col senso dello Stato, un uomo di partito, un uomo d’ordine con la personalità forte dietro un fare gentile e diplomatico che ha permesso a Salvini di stare dove sta. Insomma Gianpaolo Dozzo, un comunista riformista vero. 

 

Il tema Libia però non conferma solo le difficoltà dem nel comprendere le dinamiche parlamentari alla Camera: Franceschini ha proposto la più scontata delle vie di fuga dai problemi, l’astensione.  Il tema è politico ed il Gruppo alla Camera, dopo oltre un anno, dimostra ancora di non saper da che parte prenderlo.

Se  la risoluzione sulla Libia non fosse un errore di superficialità, come invece temo sia, verrebbe da pensare che si è cercato il modo per regolare conti interni di piccoli gruppetti e obbligare Orfini ad un’altra prospettiva politica per se stesso.

Ricordo solo che la Lega accumula consenso, su questo Renzi ha ragione, perché è compatta al proprio interno: se si escludono i recenti messaggi di Maroni, l’intervista a La Stampa, il figlio candidato in alternativa alla Lega nel suo comune, subito stoppati con fare ironico da Giorgetti, neanche Zaia al momento alza la voce pur avendone in qualche modo titolo a farlo, considerata la ormai cronica sotto rappresentanza istituzionale.

 

Eppure il Gruppo dem alla Camera avrebbe dovuto comprendere il significato della presenza del Sindaco di Milano Giuseppe Sala questa Primavera alla presentazione ufficiale del Progetto che Letizia Moratti Vincenzo Boccia sull’Africa, implementazione organizzata di un’intuizione tedesca che pone la formazione al centro di qualsiasi strategia di sviluppo: c’erano anche i gestori del fondo di impatto sociale inglese, il Presidente della Camera di Commercio francese dirigente di BNP e pochi giorni prima Marco Minniti, privo ad oggi di ruoli specifici, ricuciva al Corriere della Sera i rapporti con i gestori degli Sprar sanando gli errori di comunicazione di quando era Ministro. 

Anche su questo Renzi ha una parte di ragione: come dice il Segretario di Più’ Europa Della Vedova “il problema fu la comunicazione, non il merito” (*NdR un problema, la comunicazione, che hanno in molti a sinistra non solo nei partiti).

 

Marco Minniti però ha fatto ancora di più e sempre dal Corriere della Sera, il quotidiano di Milano, poi ripreso da Il Foglio, ha proposto che i Consolati europei siano il luogo della certificazione delle competenze in Africa completando così un progetto che vede “l’Italia ponte tra Mediterraneo ed Europa” per usare ancora un’immagine del Presidente di Confindustria che ben raffigura la necessità di reciprocità tra Europa ed Africa, cuore della linea politica di Minniti.

 

Per la cronaca la Farnesina investe da almeno dieci anni sul posizionamento della Lady milanese nel sistema di relazioni mediterranee e dunque non sarà certo un caso se, nel mezzo della schizofrenia dem sulla risoluzione libica, è un Ministro “presidenziale” come Moavero Milanesi a sussurrare all’opposizione il pensiero forte di una legge da cambiare affermando che la Libia non è oggi un porto sicuro e che quindi i contenuti della risoluzione dem appartengono ad una fase di gran lunga superata.

Non sarà certo un caso se il Presidente Macron riprende le stesse parole di Minniti sulla Sea Watch “L’Italia porta tutto ad una crisi di nervi” vicenda praticamente contemporanea al voto sulle missioni libiche; e non sarà certo un caso se il Consigliere delegato dell’economia tedesca alla Camera di Commercio di Milano nel corso del forum Germania - Italia cita Gramsci per dire che il tema demografico dell’Europa resta il principale ostacolo alla crescita del continente perché per citare il Prof. Marco Fortis “senza mercato non vi è economia, dunque benessere sostenibile”.

 

Ora il Sottosegretario Giorgetti sa benissimo che il punto è questo perché avendo fatto parte in passato della delegazione parlamentare alla Nato, egli ha studiato e spesso snocciolato dati sulla demografia di Africa, Asia e Russia. E altrettanto conosce quelli europei, naturalmente.

 

Quanto sopra potrebbe bastare, credo, per convincere Zingaretti che l’unica rivoluzione d’organizzazione auspicabile sarebbe quella a Montecitorio.

 

Mi si potrebbe obiettare che la Camera non è poi così importante visti i numeri attuali delle diverse forze, che è al Senato che si giocano eventuali partite parlamentari, ed è vero: infatti chi scrive si è sempre dichiarata contraria all’abolizione del Senato, quanto piuttosto favorevole alla valorizzazione come Camera delle Autonomie locali in chiave europea. 

 

Oggi, poi, con l’importante nomina di David Sassoli questo tema torna d’attualità perché il parlamento europeo, e significativamente il Comitato europeo delle Autonomie Locali, potrebbe aspirare ad un peso politico maggiore del passato. 

Per chi scrive questo può avvenire a partire dall’approvazione del bilancio europeo solo se la connessione tra i parlamenti nazionali e quelli delle  Autonomie locali appunto, produce iniziativa politica “dal basso” per la sicurezza, lo sviluppo e la coesione sociale. 

 

Del resto è proprio il Presidente Macron a mostrarsi leghista vecchia maniera offrendo un terreno di dialogo all’Italia, quando nell’intervista a Fabio Fazio dice: l’Europa è dei popoli, la sua lingua è la traduzione. 

Cioè il dialogo.

E se dialogo deve essere per costruire l’Europa unita, democratica, popolare e federalista, vanno risolti i conflitti interni in particolari aree del continente come ci richiama quotidianamente il Direttore Molinari: il Comitato europeo delle Autonomie collegato ai Senati federali degli Stati membri, potrebbe essere un bel sogno di democrazia europea rivitalizzata.

 

A tal proposito ricorderei al Ministro Salvini che si appresta ad un incontro con le parti sociali per una politica economica costruita “dal basso” come Il Giornale gli attribuisce, che  mentre una legge sulla rappresentanza dei corpi intermedi ancora non esiste, gli eletti, dunque le istituzioni parlamentari, restano la prima garanzia di democrazia.

 

Gli ricorderei anche  che la Corte dei Conti Europea prima ancora delle elezioni del 28 Maggio scorso ha posto un paletto a cui tutti dovranno sottostare: il bilancio europeo, e di conseguenza quello degli stati membri visto poi che alcuni bandi importanti stanno già per aprirsi, andrà orientato verso la transizione ambientale e l’occupazione.

 

Per questo non si spiega perché il Parlamento italiano non abbia da subito chiesto alcune specifiche modifiche allo sblocca cantieri. 

 

La prima: in tutti gli appalti, sub appalti, appalti integrati con committente pubblico o privato, misto e privato sociale si applicano i contratti collettivi nazionali, chiudendo cosi prima ancora di cominciarla la discussione sul salario minimo, evitando di farci smentire dall’Europa in materia di appalti  e incentivando la crescita dimensionale delle imprese edili al sud che potranno così collegarsi a Progetto-Italia e tornare a contribuire allo sviluppo dell’Africa visti i flussi di investimenti stranieri sul continente.

La seconda: inserire incentivi (da quantizzare poi in legge di bilancio ma una norma giuridica ci vuole così da far viaggiare in armonia materia fiscale e giuridica) e premialità volumetriche da esercitare all’interno dei confini e/o delle aree di proprietà comunale in un dialogo con le amministrazioni locali nel rispetto dei PGT e dentro le leggi obiettivo per tutti coloro che abbattono e ricostruiscono secondo criteri e innovazioni che producono risparmi energetico e riduzione delle emissioni.

La terza: inserire una norma sulla rigenerazione urbana che indichi come priorità di intervento per gli operatori pubblici e privati anche nella presentazione di progetti per bandi di istituzioni pubbliche o di fondi di investimento, gli immobili e/o le aree di riconversione industriale limitrofe ai progetti di sviluppo delle infrastrutture per la riduzione di emissioni inquinanti e oggetto di intervento del Coordinamento Interforze, unitamente all’estensione degli incentivi su ristrutturazioni ed eco bonus ad interi immobili cielo terra o a porzioni di essi per edifici pubblici anche se di proprietà di fondi o partecipate.

 

Un modo per non splafonare sul rapporto deficit/pil recuperando le risorse per una flat tax credibile che sani il rapporto tra grandi e piccoli, tenere insieme sviluppo e sicurezza, far crescere l’Italia e rafforzare l’Europa c’è. Ma passa da un’assunzione comune di responsabilità.

Oltre che dal riconoscimento del ruolo politico e di garanzia svolto in tutti questi mesi sotto traccia da un comunista riformista timido quanto intelligente, stimato dalle Forze di Difesa e Sicurezza e da quelle civili, amato dagli abitanti dei quartieri popolari. 

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