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Politica
Il ritorno di Berlusconi:“Berlusconi? Si adatta al clima storico” parla Orsina
Prof. Giovanni Orsina Credit: LUISS University

Il ritorno di Berlusconi sul palcoscenico della politica è il tema del momento. Prima (e magari oltre) la sentenza dei giudici di Strasburgo che potrebbe riabilitarlo. Renderlo eleggibile anche dopo lo sgambetto della legge Severino: e riconsegnargli, indirettamente, il ruolo di parlamentare della Repubblica. E per capirlo, il tema del momento - e va capito -, Affari Italiani ha parlato con Giovanni Orsina, politologo, editorialista e ordinario di storia contemporanea alla LUISS di Roma.

 

Professore, lei ha scritto Il berlusconismo nella storia d’Italia (Marsilio, 2013), tracciando un bilancio dell’esperienza politica nata con la discesa in campo di Silvio Berlusconi. Ora è tornato, però.

«E, rispetto a prima, è uguale e diverso allo stesso tempo».

Cioè?

«Uguale: perché rimane un grande pragmatico, un personaggio capace di adattarsi al clima storico. E diverso: perché, essendo appunto cambiato il clima storico, sono anche cambiati alcuni elementi della sua offerta politica».

Per esempio?

«Per esempio l’ enfasi sulla sicurezza. Intendiamoci: non è una cosa nuova, già nel 2001 uno dei punti del “contratto con gli italiani” riguardava l’ introduzione del poliziotto di quartiere (o carabiniere o vigile). Però, attualmente, e al di là del fatto che possa essere una boutade, proporre la candidatura del generale Leonardo Gallitelli dà la misura di un Berlusconi che punta a giocarsela sul terreno della rassicurazione della cittadinanza, della sicurezza. Gioca la carta della responsabilità nei confronti degli italiani. Non c’è un rovesciamento dei vecchi schemi. La base del suo programma politico rimane la “rivoluzione liberale”. Ma se nel ’94 il principale messaggio era “il mondo è cambiato, è grande e bisogna arricchirsi”, oggi potrebbe essere “ti candido un generale dei carabinieri”».

E’ un Berlusconi populista?

«E’ un Berlusconi, credo, oggettivamente poco populista. Proprio perché si presenta come uomo responsabile. Anzi: l’unico in grado di contrastare ed evitare l’ ascesa dei populisti, cioè i 5Stelle».

E riuscirà a far pesare la sua esperienza politica, di oltre vent’ anni, come garanzia per l’ elettorato?

«Da Berlusconi non sentiremo mai un messaggio del genere, o almeno non lo sentiremo esplicitamente. La sua retorica continua a essere quella dell’ antipolitica (appunto: vorrebbe candidare un generale dei carabinieri, parla di professionisti della società civile). Nella sua comunicazione, però, troviamo il tema dell' uomo d’ esperienza, che ha girato il mondo, che sa come vanno le cose, che può dare stabilità. Questo sì, c’è. Anche perché dall’ altra parte si va in un’altra direzione».

Si riferisce al Pd?

«Il Pd, il partito di governo, sembra aver preso una linea diversa. Pensiamo all’ attacco di questi giorni nei confronti di Bankitalia: non rientra nell’ atteggiamento di un partito che difende le istituzioni. Anzi: è quello di un partito che cavalca la protesta. Un partito a metà: che governa e alza la voce. Di qui, allora, rimane scoperta una fascia d’ elettorato che Berlusconi, presentandosi come uomo della responsabilità, sta puntando. Una fascia che non voterà Pd e non ha intenzione di votare né Lega né M5S».

Claudio Cerasa, sul Foglio (23 novembre), ha scritto un editoriale interessante: “Chissenefrega di Strasburgo”. Ormai, dice, Berlusconi è tornato al centro del palcoscenico politico. Sentenza o non sentenza. Secondo lei la decisione dei giudici, dalla quale potrebbe dipendere la candidatura in Parlamento, è importante ai fini della campagna elettorale?

«Sono sostanzialmente d’ accordo con Cerasa. Per quanto bisogna dire che quella sentenza potrebbe essere utilizzata a fini politici. Potrebbe rivelarsi un’ arma in più. Esattamente come Matteo Renzi denuncia un attacco ingiustificato contro il Pd sul caso Banca Etruria, specie dopo la deposizione del procuratore di Arezzo Roberto Rossi di cui si discute molto in questi giorni, anche Berlusconi, se Strasburgo lo riabilitasse, potrebbe affermare: “Vedete, in Italia mi volevano far fuori, ma finalmente ho avuto giustizia”. Del resto si è sempre dichiarato un perseguitato. Comunque: Forza Italia alle elezioni andrà col nome Berlusconi nel simbolo. E che Berlusconi sia candidabile o non lo sia non importa poi molto».

Professore, ci voleva il M5s per archiviare l’ antiberlusconismo duro e puro?

«Risposta breve: sì, ci voleva il M5S. E ci voleva anche Renzi».

Perché?

«L’ antiberlusconismo si è trovato spiazzato col M5S, con il quale ha condiviso e condivide una certa cultura antiberlusconiana. Infatti ci sono pezzi alla sinistra del Pd che cercano di egemonizzare il Movimento. Movimento che, lo sappiamo, ha proiettato il sistema politico italiano in una fase completamente diversa dal passato. Renzi, però, è stato il frutto di questo cambiamento. E doveva frenare i 5S. Soltanto che nel gito di pochi mesi ha visto convergere su di sé forti critiche con toni e modi tipici dell’ antiberlusconismo. Critiche che provenivano propri dagli ambienti antiberlusconiani, convinti che Berlusconi fosse ormai politicamente superato».

E quindi?

«E quindi, oggi, abbiamo delle importanti assonanze tra quello che era l’ antiberlusconismo e quello che è l’ antirenzismo. Con la conseguenza che Berlusconi, però, non può più essere arginato come in passato. Che fai, attacchi Berlusconi con gli stessi argomenti con cui attacchi Renzi? Si è voluto passare dall’antiberlusconismo all’ antirenzismo: e ora non è facile tornare indietro. La frase di Scalfari, che voterebbe B. piuttosto che di Maio, ne è in qualche modo la prova».

E’ stato l’ indebolimento di Renzi a permettere il ritorno di Berlusconi?

«Se Renzi avesse vinto il referendum non ci sarebbe stato il ritorno di Berlusconi. Dai tempi di Tangentopoli, con la crisi dei partiti “storici”, il sistema politico italiano è destrutturato, e se si presenta un leader forte si struttura intorno a lui: pro o contro. Per anni quel leader forte è stato Berlusconi. E Renzi, con la vittoria del Sì, lo avrebbe sostituito in quella posizione. Non ci sarebbe stato spazio per tutti e due. Con la vittoria del No, invece, non c’è più un leader forte. E quindi possono essercene due».

E’ possibile, allora, un compromesso post-voto tra PD e Forza Italia?

«Abbiamo una situazione senza precedenti in vista della prossima campagna elettorale. Se ci fosse il modo, sì, potrebbe esserci un compromesso. Però, se il centrodestra avrà i numeri rimarrà unito: perché in definitiva così si presenta agli elettori. Bisognerà vedere (a) come si posizioneranno i tre blocchi - centrodestra, centrosinistra e M5S - e (b) come si posizionerà Forza Italia rispetto a Lega e Fratelli d’Italia (che, non dimentichiamolo, insieme fanno quasi il 20% stando ai sondaggi). Insomma: per quanto si dica, e perché domina più la comunicazione che il contenuto politico, non lo sappiamo ancora». 

 

twitter11@Simocosimelli

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