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Politica
Italia nel cul de sac Europa, infilata da Romano Prodi

Di Gaetano di Thiène SCATIGNA MINGHETTI

Sembra che i sacrifici dei patrioti del movimento risorgimentale italiano si siano consumati inutilmente nelle carceri e nei bagni penali, negli esili e nelle galere borboniche per dare luce e linfa ad un Paese che, per una concomitante serie di circostanze storiche e politiche, protrattasi senza jati di sorta, lungo il corso dei secoli, non aveva conosciuto sin dal tempo della caduta dell’impero di Roma, unità e indipendenza come invece era avvenuto per le altre Regioni dell’Europa, pervenute, sia pure dopo travagli ed involuzioni socio-culturali, allo status di organismi autonomi, titolari di diritti e doveri che alla Penisola italica erano, semplicemente, vietati.

            Ora, dopo più di centocinquantanni da quella data-discrimine quale risulta essere il 17 marzo del 1861, allorché venne solennemente proclamato il Regno d’Italia sotto lo scettro monarchico del Re Vittorio Emanuele II di Savoia, esistono ancora degli Italiani che ascoltano alcune ingannevoli sirene provenienti dalle brumose lande intorno alla città di Bruxelles, e lavorano per gli interessi delle straniere burocrazie che “premono” ai nostri confini come i barbari pressavano alle porte di Roma, che veniva meno per lo stato preagonico in cui ormai versava il secolare impero, tramando per farci perdere la condizione di stato sovrano e costringendoci, vergognosamente, a chiedere a chi ha tutto l’interesse a sottomettere il popolo italiano per ridurre a stato coloniale la nostra popolazione che, durante  la propria vicenda esistenziale, ha soltanto prodotto elementi di inesauribile civiltà di cui hanno lautamente beneficiato, e ne beneficiano ancora oggi, i popoli finitimi che, costituzionalmente incapaci di creazioni brillanti e profonde, si sono sempre avidamente abbeverati alle fonti cristalline della civiltà italica e delle superne intelligenze che ne hanno sempre innervate, e continuano in modo pregnante a provvedere alle deficienze altrui, con infinita generosità,  fornendo un contributo ineludibile al sano progresso dell’uomo e del proprio personale vissuto.

            Sono alcuni esponenti delle istituzioni italiane, mai elette direttamente dal popolo del quale, per ventura, devono salvaguardarne la vita civile e gli interessi immediati che, ideologicamente e per un distorto senso della loro difesa e salvaguardia, si sono schierati con protervia servile contro la manifestazione di voto espressa chiaramente dagli Italiani lo scorso 4 marzo, a fornire l’esatta misura dello scandaloso scollamento di coloro che vivono nei palazzi dorati e la quasi assoluta maggioranza di quegli anonimi cirenei che quotidianamente faticano e si affaticano per tirare avanti e ottemperare agli impegni sempre più spesso imposti loro da gente che non conosce il significato profondo del lessema, semplice, che si configura come sacrificio.

            Ora, è un’Europa  che ha misconosciuto la propria cifra identitaria cristiana, a voler impartire lezioni gratuite come se il popolo italiano dovesse aver bisogno di essere guidato nella corretta espressione del suo voto per assecondare le stolide pretese della Germania che, durante l’intero cammino sociale e storico della propria comunità, ha protervamente sbagliato tutti i fini e le mete che si era prefissati, sprofondando nella palude del ridicolo che, a parere di chi scrive queste riflessioni – che possono risultare d’acchito di retroguardia ma che colgono pienamente nel segno in quanto la vera diatriba tra sovranisti ed europeisti inizia proprio adesso con un ministro degli Esteri smaccatamente pro-UE mentre il suo collega per gli Affari Europei risulta notoriamente anti-euro-, risulta ben peggiore di una tragica rappresentazione; si è fatto avanti un quivis de populo il quale ha sostanzialmente accusato gli elettori italiani di non saper indirizzare la manifestazione di voto, trattandoli da ignari scolaretti cui guidare la mano allorché, nella cabina elettorale, debbano apporre la fatidica crocetta con cui significare la propria scelta politico-amministrativa che dovrà incidere non semplicemente sul risultato finale della tornata elettorale ma, con maggiore gravezza sul futuro immediato e a venire, dell’intera compagine dello Stivale. Usando la scontata tecnica del bastone e della carota, costui, un tipico esponente teutonico di quella casta burocratica che imperversa a Bruxelles la quale pretende di impartire lezioni di bon ton elettorale e politico a chi, secondo lui, ha sbagliato a votare mettendo a repentaglio la cadrega sulla quale sedendo, pone al calduccio il deretano e si sente potente e al di sopra delle leggi e delle aspirazioni legittime dei comuni mortali che si configurano, nella geografia delle priorità, come gente che, più ai gesti che alla sostanza, ha imparato a guardare all’avvenire con sicura contezza per evitare gli errori che inficiano l’itinerario di un popolo e della sua civiltà.

            L’Europa e l’euro sono diventati i nuovi totem  da adorare della “tribù italica”; che è vietato bestemmiare e ai quali è obbligatorio, pena una perenne messa al bando, per chi volesse diffamarle e disfarsene in una nuova religione totalizzante che schiaccia gli Italiani, non più cittadini, e demonizza la loro libera espressione del pensiero e la democratica gestione dell’esistenza e del futuro. Tutto ciò grazie ad alcuni celebratori di laiche liturgie che ancora oggi, dopo gli immani danni che hanno riversato sulle esistenze nostre e dei nostri figli, vengono additati come salvatori della patria e dei risparmi degli Italiani e riveriti con onori e ospitate sui giornali conformisti di questa “serva Italia” che si inchina reverente alle loro sagome e alle ombre inquietanti che si proiettano sulla vita italiana di ogni giorno. Primo tra costoro un Romano Prodi, cattolico adulto, che presumeva che, per fare l’economista, bastasse disegnare un grafico sulle lavagne delle aule della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna, impartendo semplicistiche lezioni di economia, senza rendersi conto che le quotidiane realtà impattano con virulenza contro le necessità della gente e in maniera molto più dura e spietata di un gessetto che stride sulla nera ardesia montata sulla parete di fondo di una sala dove gli studenti, alle prime armi, apprendono con stupita reverenza, i rudimenti delle discipline che innervano lo scibile umano e la vita stessa della società.

            È grazie alla allegra incoscienza di costui e dei sodali che lo spalleggiavano, se ora l’Italia si trova letteralmente annegata in un cul de sac che l’opprime e l’asfissia. Così non resta altro che sacramentare contro questi sapientoni dell’economia italiana e sperare che qualche santo buonista liberi graziosamente nos a malo: e il male qual è  se non questa Europa di burocrati sanguisughe e la stolta moneta che la incarna?

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