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Politica
Italicum, impossibile modificarlo prima del referendum

Si può riformare la legge elettorale prima del voto sul referendum? Si può votare “sì” al referendum contando sul fatto che, dopo, sarà riformata la legge elettorale?

Sembrano domande difficili, e tuttavia le risposte sono facili. La legge elettorale non si può riformare prima del voto perché non ci sono i tempi tecnici. Se Renzi e gli amici suoi si fossero dichiarati disposti a modificare il testo mesi fa, quando ci sarebbe stato tempo per gli inevitabili adempimenti e per la discussione in Parlamento, sarebbe stato un altro paio di maniche. Ora stiamo parlando di qualcosa che sarebbe potuto essere, ma non può più essere. Fare la mossa oggi è derisorio. Per giunta Matteo Renzi, con finta magnanimità, ha invitato gli altri a fare loro una proposta, e a trovare una maggioranza in Parlamento, ben sapendo che nessuna proposta mai raccoglierà il plauso di tutti. E così poi potrebbe dire: “Lo vedete che non siete d’accordo sulle modifiche? La mia legge è ancora la migliore”.

Comunque il suo imbroglio è tanto trasparente quanto quello della sinistra del Pd e dell’ultrasinistra quando chiedono la modifica della legge per dire “sì” al referendum. Si prendono in giro reciprocamente e prendono in giro gli italiani.

Al punto in cui siamo è evidente che non succederà nulla prima del voto, e dunque bisogna fare le due ipotesi, quella del “sì” e quella del “no” al referendum. Se gli italiani cassano la riforma, a parte il fatto che potrebbe anche cadere il governo, l’Italicum diverrà inapplicabile, perché non si tocca il Senato – implicitamente confermato nella sua composizione, nel suo sistema di elezione e nelle sue funzioni - e si potrà rendere il Paese ingovernabile. Magari con due maggioranze diverse nei due rami del Parlamento. Il “no” al referendum sarà dunque un “no” anche all’Italicum, per il quale non ci sarà da strapazzarsi. Dopo il “no” il suo cambiamento, o la sua abrogazione pura e semplice, sarebbero un’imprescindibile necessità.

Ma le cose non andrebbero diversamente nel caso vincesse il “sì”. Perché a quel punto la minoranza del Pd (che ha offerto il suo “sì” contro il cambiamento dell’Italicum) non avrebbe più niente da offrire e Renzi non avrebbe più nulla da chiedere. Direbbe, al massimo, che gli altri possono proporre delle modifiche, lasciando così che le opposizioni si scontrino fra loro – ci si scontra sempre, sulla legge elettorale – e infine rigetterebbe la proposta.

A quel punto sul governo penderebbe soltanto la spada di Damocle della Corte Costituzionale, che potrebbe annullare la legge in tutto o in parte per motivi di costituzionalità. Più o meno per gli stessi motivi per i quali a suo tempo ha affossato il cosiddetto “Porcellum”. Ma è anche vero che, per amor di patria, potrebbe dichiararlo costituzionale non perché lo sia, ma per salvaguardare la stabilità del governo e del Paese. Considerazione questa che deve avere molto pesato nella decisione di rinviare la sua pronuncia a dopo il voto referendario.

La Consulta ha infatti probabilmente pensato che, se segue gli stessi criteri seguiti per il “Porcellum”, dovrebbe dichiarare incostituzionale la legge. Ma con ciò assesterebbe un grave colpo al governo e alla sua credibilità, proprio in vista del voto sul referendum, e potrebbe essere accusata di attività politica antigovernativa. Mentre se lascia andare avanti le cose, e poi l’elettorato vota “no” alla riforma costituzionale, l’Italicum cade da sé, e ciò toglie per essa le castagne dal fuoco. Quand’anche poi annullasse totalmente la legge.

Tutti questi ragionamenti sarebbero pregevoli se la Corte Costituzionale fosse un organo politico, o se almeno ammettesse di esserlo, come quando è sembrata andare contro Berlusconi. Esempio: dichiarò incostituzionale una legge che proteggeva il governo dagli eccessi dei magistrati e motivò la decisione con alcuni argomenti. Il governo approvò una nuova legge che, tenendo conto dei rilievi della Corte, correggeva la precedente, e la Consulta l’annullò per motivi nuovi e diversi. Come insegna il proverbio, chi vuole annegare il proprio cane dice che ha la rabbia.

Se la Corte fosse insensibile alle ragioni della politica, non avrebbe rinviato la decisione. O l’Italicum è costituzionale, e non c’è che da dirlo, o non è costituzionale, e non c’è che da dirlo. L’opportunità di un provvedimento, e del momento della sua emanazione, sono considerazioni essenzialmente politiche, che non dovrebbero mai varcare il portone della Consulta.

pardonuovo.myblog.it

 

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