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Politica
Ius soli, legittima difesa, vitalizi. Tutte le leggi finite sul binario morto
Il Parlamento

Sono diverse le leggi finite in un binario morto e definitivamente archiviate con lo scadere della legislatura. La maggior parte di questi provvedimenti si sono arenati al Senato, dopo aver incassato un primo via libera da parte della Camera. Tra i casi piu' noti, la legge sullo Ius soli, ma anche l'abolizione dei vitalizi.

VITALIZI E RIFORMA PENSIONI PARLAMENTARI

Presentata in commissione alla Camera oltre due anni fa, esattamente il 9 luglio del 2015, la proposta di legge a prima firma Matteo Richetti (Pd) ha subito diversi stop and go. L'iter a Montecitorio e' iniziato nel settembre del 2015 per concludersi a maggio del 2017. I 5 Stelle, che avevano presentato una loro proposta trasformandola in un cavallo di battaglia, hanno poi fatto confluire i loro voti sul testo del Pd che, pero', nel corso della legislatura ha subito alcuni rinvii per poi essere approvata a fine luglio. Hanno votato a favore Pd, M5S, Lega, Fdi e Scelta civica. Ha votato contro Alternativa popolare, mentre Mdp si e' astenuto. Forza Italia invece non ha partecipato al voto. La palla e' poi passata al Senato, ma il testo non e' mai stato calendarizzato per l'Aula, anche a causa delle forti perplessita' manifestate all'interno dello stesso Pd. Il testo della proposta prevede l'estensione, nei confronti dei parlamentari in carica e di quelli futuri, del sistema previdenziale contributivo vigente per i dipendenti pubblici. Ai fini della determinazione del trattamento previdenziale i parlamentari sono assoggettati al versamento di contributi previdenziali trattenuti d'ufficio sull'indennita' parlamentare. La proposta prevede poi che il nuovo sistema, interamente contributivo, si applichi integralmente non solo ai parlamentari in carica, ma anche a quelli gia' cessati dal mandato e che percepiscono gli assegni vitalizi. Per avere diritto alla pensione il parlamentare deve avere esercitato il mandato per almeno 5 anni. Infine, il testo dispone che le pensioni vengano calcolate secondo i principi della legge Fornero ma solo a partire dalla prossima legislatura.

LEGALIZZAZIONE DELLA CANNABIS

Il testo, frutto di una lunga mediazione tra diverse proposte di legge e del lavoro svolto in maniera bipartisan dall'Intergruppo parlamentare, a cui si aggiunge anche una proposta di legge di iniziativa popolare, ha subito diverse vicissitudini. Dopo vari stop and go ed essere stata messa in 'congelatore' per mesi, la legge ha poi incassato lo scorso 19 ottobre il primo via libera della Camera ma ha subito lo stralcio delle norme relative alla legalizzazione dell'uso personale della cannabis, mentre viene consentito esclusivamente l'uso terapeutico. Il primo testo era stato depositato nel 2013, poi ne sono stati aggiunti altri nel 2015. Contro il provvedimento sin dall'inizio si e' schierato il centrodestra, Lega in testa. A favore hanno votato Pd, M5s, Mdp, Sc-Ala, Si-Pos e Psi. Contrari Forza Italia, Lega Nord, Fdi e Udc. Alternativa popolare si e' astenuta.

IUS SOLI

La legge sullo Ius soli temperato e sullo Ius culturae e' stata approvata dalla Camera, dopo un lungo iter parlamentare, nell'ottobre del 2015. Da allora e' rimasta impantanata al Senato, sotto il fuoco di fila del centrodestra, compresi i centristi di Alfano, con i 5 Stelle che alla Camera si sono astenuti in quanto ritengono sia un tema da affrontare a livello europeo. Il Pd ha tentato prima della pausa estiva di forzare la mano, chiedendo al governo di porre la fiducia, ma Ap ha minacciato di sfilarsi e i numeri a palazzo Madama hanno indotto il premier Gentiloni a rinviare ogni decisione all'autunno. La situazione del pallottoliere a palazzo Madama, pero', non e' cambiata e il provvedimento e' rimasto in stand by per mesi fino ad essere accantonato definitivamente. Un ultimo tentativo, ma piu' sulla carta che reale, e' stato messo in atto l'ultima settimana di vita della legislatura, ma al Senato e' mancato il numero legale e l'Aula non ha potuto procedere con l'esame del testo. Nella conferenza stampa di fine anno il premier, Paolo Gentiloni, ha ammesso: "Non siamo riusciti ad avere i numeri". E parlando di diritti ha affermato: "E' stato un capitolo storico, purtroppo incompiuto". Il provvedimento prevede che un bambino nato in Italia abbia diritto alla cittadinanza se almeno uno dei due genitori si trova legalmente in Italia da almeno 5 anni. Se il genitore non proviene dall'Unione europea, oltre ad avere il permesso di soggiorno da almeno 5 anni deve avere un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale, un alloggio idoneo e superare un test di conoscenza della lingua italiana.

E' inoltre previsto lo Ius culturae, ovvero puo' acquisire la cittadinanza italiana il minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodicesimo anno di eta' e che ha frequentato regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o piu' cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale.

RIFORMA DEI PARTITI

Altro provvedimento che ha avuto un iter lungo in Parlamento. Dopo varie vicissitudini, l'opposizione di Forza Italia e l'accusa di voler 'punire' i 5 Stelle, Movimento che rivendica di non essere un partito, il Pd ha portato a compimento una riforma che non impedisce ai pentastellati di potersi presentare alle elezioni qualora non depositino uno Statuto - come recitava invece il testo originario a prima firma Pd- ma che comunque introduce una serie di vincoli sulla trasparenza. Approvata dalla Camera poco meno di due anni fa, a giugno del 2016, la legge e' sparita dai radar.

LEGITTIMA DIFESA

L'iniziativa e' del centrodestra. In particolare e' stata la Lega a farsi promotrice di una proposta di legge che mira a riconoscere sempre la legittima difesa in caso di rapina nella propria abitazione o luogo di lavoro. Una lunga discussione e trattativa ha caratterizzato l'iter del testo in parlamento. Un blitz del Pd in commissione alla Camera ha poi modificato il testo, trasformando la proposta da iniziativa in quota alle opposizioni a iniziativa, di fatto, della maggioranza, che ne ha 'ammorbidito' i contenuti. Giunta in Aula, lo scontro e' stato durissimo, con le proteste di Lega e FdI che, alla fine, hanno votato contro. Il testo e' stato approvato lo scorso 4 maggio con i voti favorevoli di Pd, Ap, Civici e innovatori, i voti contrari di M5s, Forza Italia, Lega Nord, Fratelli d'Italia, Sinistra Italiana e Mdp e da allora si e' atteso invano l'ok del Senato.

LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

Altro provvedimento che ha avuto un iter lungo e accidentato. Presentato all'inizio della legislatura, si e' quindi arenato al Senato. Primo firmatario della proposta di legge l'allora sottosegretario del Pd Ivan Scalfarotto. Il testo e' stato approvato dalla Camera il 19 settembre del 2013, trasmesso quattro giorni dopo al Senato e da quel momento insabbiato in commissione a palazzo Madama da una enorme mole di emendamenti. Gia' durante l'iter alla Camera il livello di scontro tra le forze politiche era stato elevato, sfociato nelle dimissioni di uno dei relatori e in un via libera con una maggioranza non ampia: solo 228 i voti a favore (da parte del Pd e di Scelta civica che allora era in maggioranza), contrarie le forze di centrodestra mentre i 5 Stelle si sono astenuti, dando vita in Aula a una inedita protesta: i deputati si sono scambiati dei baci per protestare contro "l'inciucio sulle riforme". Erano i tempi dell'accordo tra Pd e Forza Italia su riforme costituzionali e legge elettorale.

COGNOME DELLA MADRE

Anche in questo caso il provvedimento ha incassato il via libera di uno dei due rami del Parlamento per poi soccombere nel passaggio all'altro ramo. Licenziato dall'Aula di Montecitorio oltre tre anni fa, esattamente il 24 settembre del 2014, il provvedimento che metteva 'in regola' l'Italia dopo la sentenza della Corte europea che aveva condannato il nostro Paese per violazione dei diritti umani, non e' riuscito a vedere la luce. Il testo, che sancisce l'addio dell'obbligo del cognome paterno per i figli e introduce la liberta' di scelta per i genitori e' stato al centro di una durissima polemica tra le forze politiche. Tanto che il voto finale e' avvenuto a scrutinio segreto, su richiesta del centrodestra, mentre i 5 Stelle si sono astenuti. Il testo era approdato per la prima volta in Aula a Montecitorio nel luglio del 2014, ma era stato necessario un rinvio in commissione per appianare le divergenze tra le forze politiche. Alla fine si e' raggiunto un compromesso di massima che ha portato Forza Italia e Scelta civica a lasciare liberta' di coscienza ai propri deputati.

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