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Politica
L'"anomalia" Giorgetti a Bruxelles. Salvini e i 5 Stelle non vedono l'ora

Nella Lega lo danno già in Europa. Partito. Andato. Uscito. Fuori dal governo. Giancarlo Giorgetti, figura sempre più ingombrante per l'esecutivo e per Matteo Salvini, sarà - salvo colpo di scena - il nome indicato dall'Italia come membro della nuova Commissione europea. Ufficialmente vale la versione del nome di peso, condiviso anche da larga parte dell'opposizione (anche l'ex ministro Carlo Calenda si è speso a favore del sottosegretario alla presidenza del Consiglio) e che necessariamente, dopo l'esito delle elezioni del 26 maggio, va espresso dal Carroccio.

Il ministro dell'Interno evita accuratamente di parlare in pubblico dell'argomento e non si esprime mai né a favore né contro l'ipotesi del numero due leghista commissario. Ma, dietro le quinte, è lo sponsor numero uno di questa operazione. Salvini giura e spergiura di non puntare alle elezioni politiche anticipate ma sfida l'Unione europea rilanciando ogni giorno la Flat Tax da 15 miliardi di euro da fare subito, già in estate. Il responsabile del Viminale fa la voce grossa e alza continuamente il livello di richieste sapendo che Luigi Di Maio teme fortemente il voto e quindi è disposto ad accettare molti dei diktat del Carroccio, compreso il tanto sospirato via libera all'autonomia regionale che dovrebbe arrivare con il prossimo Consiglio dei ministri.

E' del tutto evidente che nella strategia salviniana il suo partito deve essere un monolite e deve rispondere ai suoi ordini senza se e senza ma. Da qui l'"anomalia" Giorgetti che con le sue uscite (l'ultimo esempio è quello dei miniBot e delle parole non certo tenere per Claudio Borghi) terremota il governo e incrina di fatto l'azione del leader di Via Bellerio. E' opinione diffusa all'interno del Carroccio che per Salvini ormai sia meglio 'spedire' Giorgetti in Europa, formalmente per avere un uomo comunque di primissimo piano nella futura Commissione e (pensiero secondario) per disinnescare quella che ormai in molti chiamano una mina vagante che si aggira per l'esecutivo.

Dal Movimento 5 Stelle massima apertura e nulla osta al nome del sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Ovviamente anche per Di Maio (e per il premier Giuseppe Conte) l'eventuale uscita di Giorgetti dal governo viene vista come una semplificazione dei rapporti all'interno della maggioranza. Anche perché è opinione diffusa tra i pentastellati che il vice-segretario del Carroccio in realtà lavori non all'amalgama dell'esecutivo bensì alla sua caduta e alla riproposizione del vecchio Centrodestra, a maggior ragione adesso che Giovanni Toti ha deciso di restare in Forza Italia cercando di modificarla al proprio interno.

Tutto bene dunque? Mica tanto, visto che comunque la nomina di Giorgetti a commissario avrà bisogno dell'ok della maggioranza del Parlamento europeo (dove i sovranisti sono in netta minoranza) ed ecco spiegate le uscite (anche se poi derubricate a battuta) contro i miniBot (intanto il messaggio all'estero è arrivato). Non solo. Che cosa faranno i leghisti duri e puri delle valli lombarde e del profondo Veneto (Luca Zaia in testa) che vedono proprio in GG lo strenuo difensore del vecchio Carroccio padano e federalista (se non secessionista)?

Nell'esecutivo e in Parlamento in giorgettiani non mancano: da Guido Guidesi (sottosegretario con delega ai Rapporti con il Parlamento) ai due sottosegretari all'Interno Nicola Molteni e Stefano Candiani, dal sottosegretario al ministero dell'Economia Massimo Bitonci al deputato bergamasco Cristian Invernizzi, commissario della Lega in Calabria, fino a Raffaele Volpi, ex responsabile di NoiconSalvini (movimento del Centro-Sud quando ancora esisteva la Lega Nord) e sottosegretario al ministero della Difesa. L'"anomalia" Giorgetti potrebbe anche avere il biglietto per Bruxelles in tasca, ma nella Lega e nel M5S temono che i suoi a Roma (e in Padania) continueranno a creare tensioni.

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