L’Italia del “grande cuore” e l’Italia del bla-bla della politica
In queste ore drammatiche l’Italia ripropone le sue due facce: quella del “grande cuore” grazie alla straordinaria mobilitazione del volontariato e delle strutture pubbliche e private di base capaci del miracolo di Rigopiano e quella del “grande bla-bla” della politica divisa fra chi è chiuso a riccio in una difesa tout court del Palazzo e chi strumentalizza l’emergenza. In situazioni come queste, si sa, volteggiano sciacalli, ma non è vero che chi denuncia limiti e inefficienze dello Stato come lo scandalo degli elicotteri fermi per mancanza di certificazione militare è un moralista che produce effetti devastanti sulle istituzioni.
Fu il Presidente Sandro Pertini subito dopo il terremoto in Irpinia del 23 novembre 1980 a fare in tv uno storico “cazziatone”, denunciando ritardi e inadempienze dei soccorsi e la latitanza della politica ma anche l’apatia di molti italiani. Pertini non si riferiva soltanto a evidenti limiti organizzativi e non cercava capri espiatori ma esprimeva una vibrante denuncia del malgoverno e del malcostume politico imperanti da anni chiamando tutti gli italiani a rimboccarsi le maniche e scendere in campo. Quel je-accuse riaccese la solidarietà nazionale, mobilitò masse di volontari sui posti della tragedia e fece del capo dello Stato l’esponente amato dal Paese reale, la bandiera per ritrovarsi nello Stato e non rivoltarsi contro le Istituzioni.
Ora, a prescindere dalla diversità dei tempi e degli uomini – Mattarella non è Pertini, l’esecutivo Gentiloni non ricalca quelli del centrosinistra a guida Scudo crociato e il Pd di Renzi non è la Dc monopolista del potere – oggi c’è la stessa questione di allora. Non tanto e non solo rispetto alla capacità di intervento tecnico-organizzativo dopo eventi catastrofici straordinari quanto alla capacità del governo e della classe politico-istituzionale di essere all’altezza dei grandi problemi, dare risposte oltre l’emergenza, in grado di cogliere il valore dell’identità fisica e culturale dell’Italia controllando e difendendo il territorio. Da anni si discute del sesso degli angeli. Mai una risposta politica su qual è il sistema più efficace di gestione dei rischi naturali.
La prevenzione non è solo una questione tecnica di protezione civile, ma un nodo di “sistema”, quindi innanzi tutto culturale e politico che non si risolve con il commissario Errani, addirittura considerato un ostacolo alle esigenze della Protezione Civile. Politica di prevenzione significa mutare le priorità della politica – non solo ambientale – mettendo davanti a tutto la difesa dai disastri naturali. Questa è una “questiona nazionale”, ovvero “la” questione nazionale, prima presente in Berlusconi solo come show e come prateria per il business dei suoi amici, poi assente dalle Leopolde renziane dedite alla “rottamazione”, quindi out dal Pd e dai suoi governi. E’ da queste situazioni drammatiche e tragiche che risulta ancor più evidente il distacco fra cittadini e potere, l’esigenza del ricambio della classe politica. Che però non avviene.
O avviene solamente nella logica antisistema con gli “improvvisati” governanti del M5S, o solo nella facciata, come dimostrano i tanti governi fotocopia fino a questo ultimo con Gentiloni premier, longa manus dell’ex premier Renzi, capo del Pd. Il vero ricambio politico all’altezza dei tempi e dei suoi problemi è un’araba fenice: non perché siamo sotto dittatura ma perché dalla fine della Prima repubblica si è costruito sulla sabbia, con partiti, progetti e leader impegnati solo a ingraziarsi l’elettorato e a gestire semplicemente il potere giorno per giorno, senza visione.
Non ci sono stati sbocchi politici praticabili e degni di evoluzione riformatrice in un balletto fra centro-destra e centro-sinistra dove, pur cambiando i suonatori, la musica non cambiava e non cambia. C’è, soprattutto con l’avvento della leadership di Matteo Renzi, la riproposizione già della Dc dell’identificazione fra partito e Stato, in questo caso ancor più negativa perché il partito è ridotto a strumento elettorale, impalcatura esterna svuotata di partecipazione democratica, con un solo uomo al comando. In queste ore di piena emergenza c’è da aiutare in tutti i modi i vivi nel ricordo dei morti. Poi non si può semplicemente voltare pagina, dimenticando come sempre la lezione.