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Politica
La stagione riformista di Mr Draghi. Ue, i motivi del trionfo dei populismi


Pochi mesi prima delle elezioni amministrative milanesi, quando si trattava di comprendere l'arco delle candidature possibili, sconsigliai all'amico Corrado Passera di partecipare alla competizione. Usai un'argomentazione precisa: basta osservare la comunicazione di Mr Draghi, dissi, per comprendere che non è tempo per i banchieri illuminati di prendersi a cuore le sorti della politica. Non potevano essere compresi in un clima di escalation che già allora, si capiva, avrebbe condotto celermente alla vittoria dei nazional populisti.

Complice una sinistra culturale che da almeno 25 anni ha cominciato a scardinare il sistema dei partiti e che non esclude da responsabilità nessuno di quelli che, fino ad oggi, in virtù di quella stagione, hanno assunto ruoli di leadership partitica nazionale screditando nei fatti il ruolo di mediazione sociale svolto dai partiti, aprendo il campo al culto del leader e avviando così la disintermediazione, distruggendo fin da allora il valore partecipativo di militanti fondato sul tesseramento come forma di adesione ideale e materiale ad un progetto politico, quel tesseramento che portava dentro le sezioni uno spaccato socialmente trasversale consentendo a tutti di esprimere le proprie opinioni e di ritrovarsi in un percorso di sintesi politica e crescita culturale diffusa.

Ricordo quella lunghissima (durò un'intera mattina) chiacchierata con Corrado Passera e il suo staff come uno dei momenti più belli che abbia vissuto nel mio impegno politico, perchè venivo ricnosciuta: sembrava un esame, ma ad ogni contestazione del mio impianto di analisi, rispondevo convinta auspicando per lui un impegno forte dentro la società; speravo, nel 2016, che banchieri, imprenditori, intellettuali e terzo settore, insieme ai professionisti della Pubblica Amministrazione, potessero fare squadra tra loro, quasi indipendentemente dalla politica, per ricreare le basi culturali su cui rinnovare la democrazia.

Nel 2016 la vittoria di Beppe Sala rappresentò in tal senso quello che purtroppo non riuscì su scala nazionale al Presidente Monti, vale a dire, l'espressione di un patto sociale riformista capace di arrivare fino all'elezione in ruoli apicali di suoi rappresentanti. 

Poteva accadere solo a Milano in quel momento e su questo aspetto Roberto Maroni ha perfettamente ragione nel proporre il rito ambrosiano come tratto peculiare di un pezzo di società italiana capace di auto organizzarsi ed esprimere propri rappresentanti sulla scena politica, per quanto ancora solo locale.

Sempre nel 2016 avveniva la nomina di Enzo Boccia a Presidente nazionale di Confindustria. Oggi, alla luce della mia personalissima lettura dell'intervendo di Mr Draghi al Sant'Anna di Pisa, non mi pare più una casualità: Boccia era stato precedentemente a capo delle piccole imprese e poi per lungo tempo responsabile del Comitato tecnico di Confindustria per il Credito e la Finanza.

Nord e sud: il sistema delle imprese nel suo complesso scelse, praticamente contemporaneamente, due figure a mio avviso politiche, perchè entrambe capaci di tenere insieme visione di indirizzo, cultura di governo e attenzione alla gestione del consenso.

E' sempre il Sole24Ore, il giornale di Confindustria, appena qualche giorno dopo l'intervento di Draghi, a proporre per primo Milano in testa alle classifiche per la qualità della vita ricordando a tutti che la capitale economica del Paese guarda all'Europa. 

E come non collegare a questo le parole di Antonio Calabrò che ringrazio per tutto il tempo che spende a confrontarsi con me? "Il sud, a partire da Napoli, deve guardare a Milano per colmare i divari storici".

E allora la mente quasi istintivamente mette in rete spunti raccolti qua e là in questi mesi: Intesa San Paolo rilancia la Fondazione per il Mezzogiorno guidata dall'imprenditore Paolo Scudieri (interessanti le ricerche svolte e pubblicate che rimettono l'accento sul contrasto alla povertà educativa e all'innalzamento dei livelli di formazione professionale al sud), Deloitte-Università Cattolica di Milano e la Federico II di Napoli sperimentano un progetto gemello sulle competenze digitali per i migliori studenti delle due città, Alessandro Profumo a Napoli racconta al sistema delle imprese cittadine i passi avanti che Leonardo chiede alla sua catena di fornitori e sub fornitori, mentre contemporaneamente il Presidente di Confindustria annuncia che il progetto Elite con Borsa Italiana ha raggiunto quota 1000 imprese che aderiscono alla piattaforma e, non contento, prepara insieme ad Assolombarda Connext, un altro strumento per la crescita e lo sviluppo del sistema imprenditoriale. Ancora, sempre per iniziativa di Deloitte, Boccia, il direttore del Corriere della Sera Fontana, il capo di Geox e il Procuratore Generale di Milano Greco si confrontano convergendo sulla necessità di attivare moral suasion verso le grandi multinazionali tecnologiche perchè possano destinare risorse all'aggiornamento professionale della forza lavoro che non potrà essere lasciata sola nell'affontare i costi sociali degli inevitabili progressi tecnologici che non si arresteranno.

Nel frattempo Corrado Passera cerca e ottiene finanziamenti totalmente privati per concedere credito ad imprese incagliate che pure possiedono quelle caratteristiche di fondo per riemergere.

Devo essere sincera a me ha colpito sentire il Presidente della BCE recuperare la memoria del Paese nel progetto europeo, mi è sembrato rispondere a quell' auspicio di Giorgio Napolitano che chiedeva pubblicamente di spendersi per riallacciare il filo del discorso e recuperare la memoria lunga su cui si fonda l'identià nazionale, la funzione dell'Italia in Europa.

Mi ha colpito perchè mi è parso un discorso politico, soprattutto nel passaggio in cui riconosce che dentro una stagione di prosperità e di armonizzazione europea del sistema dei diritti, vi sono stati alcuni territori che hanno goduto meno di altri i benefici dell'unità europea; per recuperare questo gap, ha detto Draghi, occorrono riforme di sistema che gli Stati nazionali devono porre in essere ma, ha aggiunto, è del tutto evidente che l'Europa può e deve organizzare strumenti di accompagnamento alla crescita e alla competitività di quei territori.

A dire il vero solo Luigi Di Maio ha pensato, come ho pensato io, che, dopo quelle parole, si potesse tornare a ridiscutere di riforma delle istituzioni dentro un dibattito di nuovi assetti e nuove regole per l'Europa. Diversamente da lui, la priorità per me non è tanto ridurre il numero di parlamentari, quanto legare il numero degli stessi alla capacità che essi hanno per ciascun collegio di portare al voto gli elettori. 

Negli errori di merito e di gestione parlamentare che portarono alla sconfitta del PD il 4 Dicembre 2016, c'è un punto che aveva visto una larga convergenza in Parlamento: ed era il Senato federale come Camera delle Regioni sulla falsa riga del modello tedesco. 

Esso poggiava su un più ampio dibattito culturale, trasversalmente coltivato, che proponeva al Paese la riorganizzazione delle Regioni in forma di accorpamento o almeno con strumenti pattizi. Se potessi decidere io, sarebbe questo il terreno su cui tornerei a spendere iniziativa politica perchè mi appare come l'aternativa vera all'autonomia regionale che a mio avviso non ha le basi di tenuta economica per potersi attuare, salvo fare quanto indicato dal saggio Giorgetti e cioè lasciare alle regioni che la chiedono la facoltà di aumentare le tasse; ma soprattutto sarebbe lo strumento concreto per dare risposte ad un mercato del lavoro che comicia ad avere tratti comuni per macro regioni, per armonizzare la platea di accesso alle opportunità di formazione professionale o per programmare politiche sociali di contrasto all'uso delle droghe pesanti e di recupero per chi ahimè ne fa sempre più uso.

In questo quadro credo sarebbe anche più semplice per Regioni e Città metropolitane costituire delle cabine di regia in grado di fare progettazione per lo sviluppo di quelle aree "depresse" che accomunano tanto il sud quanto il nord e su cui a mio avviso vanno orientati gli investimenti privati e pubblici riorganizzando contemporaneamente il sistema di formazione professionale e reinserimento lavorativo sul modello milanese e lombardo di Celav e Afol.

L'Europa insomma deve ricostruire il patto con gli stati nazionali ma deve poter crescere nello sviluppo dei territori e sul riscatto di popoli.

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    mario draghi





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