Le ipocrisie della legge elettorale alla tedesca
Di Marco Rizzo, segretario generale del Partito Comunista
Prima di entrare nel merito della legge elettorale (ammesso che ancora qualcuno si appassioni a questo tema) chiedo a chi ci legge di andare indietro a 25 anni fa. Lo spettacolo è stupefacente: quello che dicevano allora il centro-sinistra ed il centro-destra e' esattamente il contrario di quello che dicono adesso. Berlusconi tesse le lodi del proporzionale tanto quanto era per il maggioritario all'epoca. Bersani e D'Alema idem. I Cinque Stelle non c'erano, ma, per trovare il loro contrario, basta arrivare indietro solo a poche settimane: erano solennemente contro i nominati e oggi foraggiano una legge con liste bloccate, dove tutti, dico tutti, i candidati eletti saranno scelti dalle tolde di comando dei partiti. Dopodiché possiamo anche passare all'esame di una legge tedesca, dove chi vota un partito con il 4.9% dei voti (parliamo di quasi due milioni di votanti) vede il suo voto valere nulla.
In realtà pare essere un sistema tedesco senza la sua unica parte con protagonismo nell'elettorato: in Germania, nella parte destinata ai collegi uninominali, il candidato che vince viene subito e comunque eletto. In Italia se quel candidato non farà parte di una lista che supera nazionalmente lo sbarramento, si vedrà scavalcare dal candidato che aveva battuto... Vince ma resta a casa, perde ma entra in Parlamento. D'altronde che senso ha nel parlare di elezioni in un sistema di capitalismo globalizzato dove chi conta davvero (parlo ad es. di Draghi della BCE, della Lagarde del FMI etc.) non li vota proprio nessuno. A questo punto varrebbe la pena di chiedersi: "non sarebbe molto più democratico se a gestire i destini del Paese fosse chi ne produce davvero la ricchezza, cioè i lavoratori. Deciderebbero cosa produrre, dove farlo, come farlo. Un sistema che si chiama SOVIET. Lo aveva in mente e lo attuo' un uomo che abbatte' la dittatura degli Zar proprio e solo cento anni fa. Vladimir Ilich Lenin."