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Politica
Le riforme del Pd e il futuro della Lega


Il confronto sulla riforma costituzionale (ma come non parlare della riforma degli enti locali e di quella della pubblica amministrazione) tra Guerini e Giorgetti lo scorso week end, non c'è stato per un soffio.
Solo per problemi di date e accavallarsi di impegni. Chissà forse in questa lunga estate che sarà senz'altro ricca di dibattiti sul referendum pure nel mese di Agosto, gli entourage dei due vice-segretari riusciranno a trovare luogo e data buoni per entrambi.
Tuttavia per chi era presente tanto alla festa nazionale della Lega Lombarda a Treviglio Domenica, quanto lunedì sera a Cinisello all'incontro pubblico organizzato dal Pd locale, il confronto a distanza tra i due politici si è svolto eccome. Guerini e Giorgetti hanno molte somiglianze: entrambi sono Vice di un segretario di partito, entrambi devono smussare le personalità irruenti dei due Matteo, entrambi hanno imparato che la politica negli affari di banche non deve immischiarsi e che, se mai, le spetta il compito ingrato di attutire gli impatti negativi sui cittadini per gestioni non proprio previdenti. Entrambi oggi sono deputati cattolici se pur in schieramenti opposti. Entrambi hanno sempre scelto di tenere un ruolo di mediatori sebbene interpretato in maniera diversa, Guerini con un fare pedagogico proprio di chi ha una lunga esperienza di gestione delle organizzazioni (Presidente della Provincia, Sindaco di una città, Presidente dell'associazione lombarda dei comuni, Presidente dell'Assemblea regionale del PD e oggi vice segretario nazionale); Giorgetti con un fare più da "portiere" colui che salva in corner la Lega nei momenti più difficili, quando sceglie di lasciare il posto a Maroni come Ministro e poi Presidente di Regione, quando apre la strada a Salvini Segretario non candidandosi alla Segreteria Federale, anche se il prezzo, momentaneo, e' lo snaturamento della funzione politica della Lega Nord fondata da Bossi, quando in rarissime occasioni interviene pubblicamente a correggere la linea politica del movimento: a Cologno nel 2012 difendendo pubblicamente in un comizio Giorgio Napolitano quando il centro destra lo considerava il maggior responsabile della crisi del governo Berlusconi, sui giornali a correggere il Senatur quando entro' a gamba tesa nelle vicende Unicredit che portarono alle dimissioni di Alessandro Profumo, sui giornali ancora a correggere l'allora Vice Presidente della Regione Gibelli che si era dichiarato favorevole a regole più stringenti sui diritti delle donne (pillola del giorno). E poi in Parlamento, per mediare sull'equilibrio di bilancio anziché il pareggio in Costituzione e per convincere Maroni allora Ministro degli Interni che litigare con Lombardo in piena emergenza profughi non era proprio l'atteggiamento migliore.
I più dicono di Giorgetti che non ha il fisico per fare il primo, che non conosce le dinamiche di organizzazione per far crescere una classe dirigente, che i suoi non li aiuta... eppure con lui Segretario Nazionale la Lega Lombarda ha avuto una schiera di sindaci molto capaci. Ma certo Cazzago Brabbia non è Lodi e nemmeno l'Anci. Di Guerini quando qualcuno, raramente, dice che parla con tutti e non convince nessuno, quello stesso viene prima redarguito e un attimo dopo immancabilmente smentito: il terreno per chiudere il Patto del Nazareno fu ben preparato, Mattarella viene eletto Presidente della Repubblica, si chiude in tempo utile la diatriba Sinistra milanese Balzani Pd, Bassolino rinuncia a candidarsi a Napoli con una lista civica, D'Alema annuncia che a Roma voterà "secondo indicazioni di partito".
Giorgetti ha una più lunga esperienza parlamentare, Guerini una più forte esperienza amministrativa e di direzione politica perché certo la gestione di un partito con il 40,8% alle ultime europee non è paragonabile a un movimento regionale che con Giorgetti raggiunge comunque il massimo storico del 26,2% alle regionali 2010.
Ora il lettore si chiederà il perché di questo excursus su due protagonisti dell'attualità politica. La risposta è semplice, dopo la fase dell'antipolitica e dopo quella della rottamazione, verrà il tempo come dice Casini "della ricostruzione della politica, delle sue proprie dinamiche e del suo linguaggio" e i due coetanei sono due personaggi chiave della fase che si apre proprio grazie al Referendum Costituzionale, nei partiti, in Parlamento, nelle istituzioni locali.
Quando Lorenzo Guerini parla di una riforma costituzionale scritta con il 70% del Parlamento, dice il vero: sul superamento del bicameralismo perfetto, dei costi della politica e sui processi legislativi più rapidi e certi, Romani pronunciò la dichiarazione di voto per il SI, ma la Lega concordo' la Camera delle Regioni, anche come soggetto di raccordo tra Stato, Regioni ed Europa; ottiene poi maggiore libertà di spesa per i piccoli comuni (storica battaglia leghista, sebbene il processo di aggregazione non è più rinviabile) una riforma della PA che mette al centro il tema dei furbetti del cartellino. Proprio la Camera delle Regioni consente oggi alla Lega di non rassegnarsi ad essere un partito residuale che agita solo e malamente, perché privo di proposte e fatti concreti, il tema sicurezza, con una Regione Lombardia a rischio dopo la sconfitta di Varese e Milano. Quella stessa Camera delle Regioni, o Senato federale in salsa italiana, e' proprio lo spazio politico da riempire con contenuti federalisti per rilanciare un percorso costituzionale federale europeo e tornare a riprendersi una funzione politica che oggi appare quanto mai sbiadita dopo il sorpasso di Forza Italia a Milano ( Parisi arriverà pure ad un soffio dalla vittoria, ma è Berlusconi che vince). Bossi ne è ben consapevole. Salvini a quanto pare pure. La Lega Nord nella famiglia popolare, per di più traghettata da un ex socialista, non ci entrerà mai. È Maroni, se mai, senza più Pisapia (i due si sono sempre tenuti, al di là di qualche sporadica battaglia di bandiera) che stenta a ricalibrare il suo ruolo: quello che in Lega chiamano il "miglior Ministro degli Interni" non senza qualche ragione, cade costantemente proprio sul tema sicurezza, risultando inaffidabile per qualsivoglia accordo Regione-Governo.
L'elettorato leghista, dunque, può decidere se incassare il meglio poco ma sicuro e rilanciare una visione federalista in Europa, oppure se abbandonarsi all'ennesima commissione interna filosofica sul federalismo questa volta assegnata ad Andrea Mascetti. Perché ancora dice il vero Guerini "chi sostiene che se vince il No al referendum avremo in sei mesi un'altra riforma costituzionale, mente sapendo di mentire". Del resto è intervenuto lo stesso Violante a ricordare che c'è un tema che viene immediatamente dopo la riforma costituzionale, cioè quella della riforma delle Regioni (ed è qui non sulla legge Del Rio che i Cinque Stelle fanno la loro fortuna). Guarda caso sul tema la proposta più credibile risulta quella di un altro cattolico il Presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo, nonché Presidente dell'associazione delle assemblee legislative europee e membro del Comitato delle Regioni.
Insomma come la giri e la giri Guerini pare abbia ragione per la terza volta, la riforma della Costituzione scritta dal 70% del Parlamento e perfettibile in futuro resta il più grande accordo politico per l'Italia. Una sola forza ha deciso di non discutere: una scelta secondo me sbagliata, che si paga sempre perché la Costituzione e’ di tutti e se sulla Costituzione non si è capaci di riconoscere gli altri, presto o tardi l’Italia ti porge il conto”.

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lega pd guerini giorgetti





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