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Politica
Lega, Bossi ormai è fuori. Berlusconi gli offre un seggio al Senato

Il dado è tratto. Matteo Salvini - secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it - ha deciso di non ricandidare Umberto Bossi alle prossime elezioni politiche. Gli attacchi sempre più pesanti dell'ex Senatùr alla linea politica del segretario federale ormai non sono più tollerabili. "Ha passato il segno, ora basta". Ed effettivamente, se mesi fa Bossi veniva tollerato in quanto fondatore del Carroccio e 'padre nobile', anche perché con la sua nostalgia per dimenticata Padania serviva a tenere buona quella parte di elettorato delle valli lombarde e venete ancora secessionista, ora è diventato un problema serio.

Ufficialmente le bocche dei dirigenti leghisti sull'argomento restano chiuse ma la decisione, per certi versi storica, è stata ormai presa. Il punto di non ritorno è stato l'ultimo consiglio federale in Via Bellerio quando il Senatùr ha apertamente contestato Salvini accusandolo di voler rompere con Berlusconi. Parole di fuoco, silenzi e imbarazzi. Tranne Roberto Maroni, che ha cercato di mediare, tutti gli altri big leghisti (dal potentissimo Giorgetti ai capigruppo Centinaio e Fedriga) si sono schierati a fianco del segretario federale.

Ma non finisce qui. Al prossimo congresso, comunque dopo le elezioni (a meno che non si voti nel 2018) quasi certamente Bossi non sarà più riconfermato presidente del partito, carica ormai sono onoraria e svuotata di quasi tutti i poteri. Quanto all'ipotesi che Bossi venga candidato nelle liste di Forza Italia fonti azzurre confermano l'intenzione di Silvio Berlusconi, tanto che sarebbe pronto un posto al Senato (ora è deputato) nella zona di Varese. E' evidente - sottolineano in Via Bellerio - che con la candidatura nelle liste di Forza Italia sarebbe automatica l'uscita di Bossi dalla Lega.

Ma chi sta ancora con l'anziano leader nel Carroccio? Nessuno tra i dirigenti e tra i parlamentari, tutti salviniani (più o meno doc). Anche Roberto Calderoli, una volta in una posizione intermedia, si è ormai schierato apertamente con Salvini. Stesso discorso per Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega e una volta braccio destro del Senatùr. Tra i Governatori Luca Zaia resta defilato ma, anche se non è un ultrà, resta un fedele del segretario. Roberto Maroni, invece, che in Lombardia governa con Berlusconi e addirittura con Ncd-Area Popolare, ha tutto l'interesse affinché si faccia l'accordo con Forza Italia ma è difficile un'alleanza tra Bossi e l'ex ministro dell'Interno considerando le loro numerose liti nel passato (che sono arrivate a un passo dalla rottura).

Tra i militanti - raccontano fonti leghiste - solo nelle zone di Varese (da dove proviene il Senatùr), nell'Alta Bergamasca, nel Bresciano, in Valtellina e nella parte alta del Veneto resistono ancora sacche di leghisti della prima ora fedeli a Bossi. E' possibile infine che a livello locale qualche consigliere comunale, soprattutto dei centri minori, in caso di rottura decida di lasciare la Lega per seguire il fondatore del movimento padano. Soprattutto, ovviamente, in provincia di Varese.

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