Libia, un abisso tra Lega e M5S. "Confidiamo nello Spirito Santo..."
Se ci fosse un'invasione di migranti il governo sarebbe a forte rischio
Di Alberto Maggi
C'è un certo stupore tra i deputati della Lega quest'oggi a Montecitorio, all'indomani della riunione congiunta dei gruppi parlamentari. Né Matteo Salvini né Giancarlo Giorgetti hanno praticamente affrontato il delicatissimo tema della situazione in Libia e del rischio che un'ondata di centinaia di migliaia di profughi/migranti arrivi verso le coste del nostro Paese con i barconi. Il segretario del Carroccio e il suo vice hanno puntato moltissimo sulle elezioni europee del 26 maggio ("Non diamo nulla per scontato nonostante i sondaggi") invitando a un impegno particolare sul territorio, ma nulla è stato detto sulla crisi libica.
Malgrado proprio ieri fosse il giorno della contestata direttiva emanata dal responsabile del Viminale che ha suscitato uno scontro istituzionale con i vertici della Difesa. Ma perché questo silenzio? Un deputato leghista di lungo corso, alla domanda specifica, allarga le braccia, scuote il capo e afferma: "Possiamo solo sperare che la situazione si tranquillizzi e che non sia nessuna invasione di migranti, altrimenti sono grossi guaia per il governo. Confidiamo nello Spirito Santo...".
Tra il serio e il faceto la risposta è emblematica di quanto sta accadendo nella maggioranza. Luigi Di Maio e il ministro Danilo Toninelli insistono sugli alleati della Lega in Europa che dovrebbero accettare la redistribuzione di profughi e usano un linguaggio per diverso da quello dei porti chiusi che ribadiscono all'unisono Matteo Salvini e i suoi sottosegretari all'Intero Nicola Molteni e Stefano Candiani. L'impressione, conversando anche con qualche deputato pentastellato, è che se davvero ci fosse un'invasione di centinaia di migliaia di migranti, con il pericolo terroristi e con la Francia e l'Austria che hanno chiuso le frontiere, l'esecutivo difficilmente potrebbe reggero l'urto. E le due anime della maggioranza andrebbero a scontrarsi forse in modo irreparabile.
Per Di Maio la chiusura dei porti è una misura occasionale, per Salvini è la via maestra. Due linee che i silenzi, le battute, le smorfie e gli imbarazzi dei parlamentari in Transatlantico - sia del Carroccio sia del M5S - evidenziano in maniera plastica, così come l'assenza di una soluzione. Un clima che rischia di esplodere tra i due partiti della maggioranza, tanto che un altro leghista alla Buvette, impegnato ad azzannare una brioches all'albicocca, a bassa voce (per non farsi sentire dai colleghi pentastellati) ad una domanda sulla posizione della ministra della Difesa Elisabetta Trenta risponde in modo emblematico: "Quella è peggio di Fico...". Appunto, non ci resta che sperare nello Spirito Santo.
Commenti