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Politica
Lo sciopero ai tempi dell'ideologia. Ritorna Cremaschi


Lo sciopero generale di venerdì non ha fermato l'Italia ma ha fermato soprattutto la sua capitale e cioè Roma. La "novità" -se così si può definire- rispetto al passato è stato il fatto che a questo sciopero non ha aderito la triplice trimurti CGIL, CISL ed UIL, ma è stato indetto da sindacati di base come l'USB che lo ha guidato e USI e UNICOBAS che si sono prontamente aggiunti.
Il "fastidio" -come detto- si è avuto soprattutto a Roma e specificatamente in un settore già completamente allo sbando come quello dei trasporti.
Ma in tutto questo è interessante sapere che il motivo della agitazione non è affatto legato a motivi lavorativi come ci si aspetterebbe ma all'ideologia politica. Infatti, Giorgio Cremaschi, ex guida della Fiom il potente settore metalmeccanico della CGIL è tornato in pista -dopo una scissione "a sinistra" da Maurizio Landini- coordinando lo sciopero con la motivazione che il referendum sulle riforme costituzionali del prossimo dicembre non può essere separato dalla figura e dall'azione di governo del premier Renzi.
Ora uno si chiede ma cosa c'entra questo con le condizioni dei lavoratori? Assolutamente nulla. E non è affatto questione di merito dato che ognuno sul referendum la può pensare come vuole ma di metodo.
 Come si può bloccare lo spostamento di cittadini giustamente esasperati da malfunzionamenti, scandali e ruberie a causa di questo sottile quesito filosofico sfugge completamente alla comprensione.
Anche se poi ad analizzare le cose una ragione ci sta: e cioè Cremaschi torna in campo con un populismo che da qualche tempo ci mancava: il populismo sindacale guidato dalla logica distruttiva del più sfascio e più prendo consensi tra i lavoratori e quindi mi rimetto in gioco.
Oltretutto il problema della precarizzazione e della disoccupazione esiste veramente ma proprio la debolezza dei sindacati "ufficiali" e la CGIL in primis incapace di una contrapposizione reale al governo produce lo spazio in cui si inserisce l'opportunismo individuale.
Peccato che queste considerazioni egoistiche ed egotiche fanno il bene di uno solo e il male di una intera nazione e soprattutto dei lavoratori quelli sì duramente provati da una crisi economica che non passa al di là degli annunci supportati da numeri traballanti e ballerini.

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